La
luce infranta
di Giorgio Maimone (poesia
di Pikkina)
La
luce infranta bagna d’oro il mare,
una leggera cipria opalescente
dall’alto va a posarsi lentamente là
dove l’immenso incontra l’infinito
dove l’azzurro tenue si accende di smeraldo
lambisce calmo il taglio netto della costa,
nastro di terra chiara sdraiata sotto i monti,
simili a increspature sul morbido velluto verde,
e villaggi seminascosti nelle pieghe
come perline rotolate a valle.
Mi
attardavo tra i brividi della sua schiena senza rendermi conto
che il tempo passava. Fuori il sole giocava a ferire i sassi disposti
in file imprecise sul bordo di strade bianche di sale. Il caldo
faceva sfumare lontano, come un miraggio, la baracca delle granite
alla menta. L’azzurro del cielo virava nel verde del monte
che, a sua volta, in picchiata, si immergeva in altrettanto blu
di mare. La mosca ronzava senza darsi pena di un’estate
ancora da passare. Stancamente, ancora più lontano, madri
richiamavano i figli a casa. E io perdevo tempo a giocare tre
i brividi della sua schiena. Seguivo traiettorie bizzarre. Univo
con rette immaginari i punti formati dai nei sulla sua pelle dorata
di sole: cercavo di immaginare che disegno ne sarebbe uscito.
Un paesaggio, forse, così simile al nostro …
La luce infranta bagna d’oro il mare,
una leggera cipria opalescente
… e poi? Come continua? Al negozio stamani, con il giornale
e la posta del mattino, sono arrivati i capperi panteschi. Forti
come una schioppettata! Quelli che coltivo io sono anemici. Non
reggono il confronto. 25 lire il giornale, 40 il caffè,
150 lire un chilo di pane e 120 lire un etto di capperi! E come
ci sto dentro a questi conti? Per comprarmi una 600 mi ci vorrebbero
15 anni di cambiali! Per comprarmi i suoi baci … niente.
Baci gratis e sono morbidi e avvolgenti. Una bocca in cui perdersi,
annegare, buttarsi senza ciambella di salvataggio. Lei non bacia,
divora! Ma convincendoti che farsi divorare è un privilegio.
Un privilegio, ora, solo mio.
I
suoi capelli mi catturano le mani, mi attorcigliano le dita; come
fili di seta,
si dice, ma questi davvero sono seta! Sottili, neri, tela di ragno.
La tela con cui mi ha preso, mi ha avvinghiato a lei, senza darmi
più lo spazio per respirare, per vivere, per esistere,
senza averla nei dintorni, a pochi passi, a tiro di respiro, a
tiro di labbra. Un bacio come pozione eterna di vita. Un bacio
per vivere, per tornare a sentire crescere l’emozione, per
avere mani da stringere e un cuore che, oltre a saltare tutti
i ritmi dispari, impari di nuovo a palpitare per amore. Amore?
Passione! Passione divorante. Desiderio pieno come una luna piena,
follia dei sensi, febbre …
…
una cipria opalescente
dall’alto va a posarsi lentamente là
dove l’immenso incontra l’infinito.
Anche
la memoria non è più quella di un tempo. Con i capelli.
Se ne è andata a poco a poco come se ne vanno i capelli.
Ogni capello un pensiero perso, un ricordo che non c’è
più. Le mie nari si avvicinano alle pelle, ne assaporano
l’aroma di sapone … Camay? Quello del “delicato
profumo francese”? Sarà quello? Io conosco più
il sapone di Marsiglia, l’odore
del Tide o dello Spic e Span. Conosco gli odori di drogheria.
Ma giù in paese noi non lo teniamo il Camay. Chi lo usa
da queste parti? Non siamo gente di città …siamo
villaggi seminascosti nelle pieghe
come perline rotolate a valle.
E
come perline continuiamo a rotolare. Biglie di vetro. Senza valore.
O perline per gli indigeni. E quelli che ti vendono l’America!
D’altra parte fosse arrivato qui qualcuno dal mare, con
la pelle di colore diversa, con le navi grandi come cattedrali,
parlando un’altra lingua e con in faccia dipinta l’esaltazione
di chi crede che Dio in persona gli abbia mostrato la strada,
non glielo avremmo venduto anche noi questo angolo di mondo …
dove l’azzurro tenue si accende di smeraldo
lambisce calmo il taglio netto della costa,
nastro di terra chiara sdraiata sotto i monti,
simili a increspature sul morbido velluto verde?
Oh
sì, sì che l’avremmo venduto. E anche le nostre
madri, le nostre donne … Non lei. Lei non voglio dividerla
con nessuno, non posso dividerla con nessuno. Non con quel carciofo
di marito che tiene! L’unico marito-Cynar di tutta la costa.
Guarda che fianchi, guarda che curve! Guarda che donna, per l’amor
diddio! Non può che essere mia. Non può essere che
mia. Leggero leggero le lecco le natiche curve e gonfie. Sapore
di basilico, di timo. Donna-aroma. Una punta di agro in un mare
di spezie, come quei vini bianchi della costa più a sud,
che sanno di mare, che hanno catturato nel vetro il ritmo delle
maree e i cambi di rotta dei banchi di pesci.
L’aria
si è fatta appena più fresca. Vedo il tempo che
trascorre col sole sul muro di fronte, un muro bianco di calce,
muro per bouganvillee, perché lasciarlo nudo? Solo perché
mi faccia meridiana col sole? Le madri gridano ancora verso le
spiagge, capibranco alla ricerca dei propri cuccioli. Ma le grida
sono anche richiami, il modo per parlarsi tra una casa e l’altra.
Vincono le distanze col potere della voce! Quando le gambe si
rifiutano di salire le lunghe scalinate in pietra che vengono
via dal mare e salgono dal porto al paese, le voci suppliscono
al loro movimento. Potessero andare solo le voci in Chiesa la
domenica mattina! Così potrei tenere chiuso il negozio.
E invece no. Sette giorni di attività su sette. Chiusura
qualche pomeriggio: domenica e giovedì.
Stamane
sul giornale un titolo grosso, nero sotto la testata rossa: “Stalin
è morto”. “Josip Stalin è morto alle
9,50 di ieri (ora di Mosca) al Cremlino, all’età
di settantatrè anni. E’ stato al potere ventinove
anni”. Pover’uomo. Anche i potenti muoiono. E con
loro se ne va un’altra parte di noi. Ma perché siamo
destinati a disperderci in piccole parti? Non sarebbe meglio spegnerci
all’improvviso come una lampadina? Mi sembra di essere il
partito monarchico di Covelli: 6,8%, 2,6%, 0,8% … Pezzo
per pezzo non resta più nulla.
Lei
non si muove ancora. La stringo più forte. Il braccio che
le passa sotto il capo si sta addormentando. Devo toglierlo, ma
adagio adagio. Così potrei alzarmi, vestirmi in silenzio
ed uscire prima che faccia sera, a vedere …”la luce
infranta che bagna d’oro il mare, / la leggera cipria opalescente
/ che dall’alto va a posarsi lentamente là /dove
l’immenso incontra l’infinito”. Ancora un po’
e poi mi alzo. Una radio canta piano
“Vola,
colomba bianca vola
Diglielo tu che tornerò
Dille che non sarà più sola
E che mai più la lascerò”
Sembra
la mia storia. Mi commuove. Una lacrima potrebbe anche correre,
ma ho paura a muovermi di interrompere l’incanto. Trattengo
anche il fiato. La mosca continua a ronzare. Ha trovato l’ambiente
giusto. “Gli uomini preferiscono le bionde” diceva
il cartello del cinema … quel film appena uscito con Jane
Russell e la biondona, la Monroe … Gli uomini forse, gli
altri. Io amo questi capelli serici, questi fili di ragnatela,
queste alghe avviluppanti che mi trascinano a fondo con lei. Sto
affogando. In terra ferma. Sto affogando in un letto di altri.
Mi manca il respiro, non riesco ad approdare. Appena mi svincolo
le alghe dei capelli mi afferrano e mi tirano giù, più
giù, più giù. Il gorgo della passione! Mai
avrei immaginato potesse essere così realistico. Una figura
retorica! Fregato da una figura retorica.
Dal silenzio della strada sale il rombo solitario di un Alfona
190, la Pantera della polizia. Stanno arrivando qui. Richiamati
dall’odore di sangue? O dalla mosca? Mosca cocchiera e mosca
spiona?
Dovrei alzarmi, dovrei scappare. Sono ancora due o tre curve sotto.
Potrei fare in tempo. Fuggire portandomi via il cuore del mio
amore. E prima di scappare guardare ancora
“il
taglio netto della costa,
nastro di terra chiara sdraiata sotto i monti,
simili a increspature sul morbido velluto verde”.
Ma
è il mio amore che si alza. Si veste rapida. Che bella
quando si veste! Uno spogliarello fatto all’incontrario!
Dal comodino scivola a terra, danzando nel volo con la mosca,
il foglio con la sua poesia. “La luce infranta bagna d’oro
il mare, / una leggera cipria opalescente”. Ah, Pikkina!
Si lega i capelli. Mi guarda. Mi sfila il coltello dal cuore e
se ne va, lasciandomi solo. Morto. Nel letto del mio ultimo amore.