Doppio Misto

Opere d'arte, cascate poetiche
di Bruno Giuliano (poesia di Mario Robusti)

Tutti volevano felicitarsi con l'anziano poeta. Quando viene, la gloria arriva sempre tardi, ma neppure troppo per il sempre verde Mario Robesti. Semmai era il denaro a non arrivare mai, almeno dai suoi versi. Il prodigo Mario aveva rischiato di doppiare il mezzo secolo in braghe di tela. Fortunatamente la sua conoscenza del Belucistano altaico gli era valso un impiego come traduttore a Strasburgo. Certo non guadagnava più come in gioventù, però le sue conferenze gli permettevano di sorseggiare champagne e piluccare caviale a volontà come ai bei tempi delle consulenze in giro per il mondo.

L'ancor bella ed elegante matrona della seconda fila si alzò e si pose ordinatamente in coda per stringere la mano al poeta. Questi, senza mollare il calice, riceveva gli omaggi ricambiandoli con auguri in belucistano, augurandosi che il suo editore annotasse tutti gli eventuali inviti a cene letterarie o meno. A volte la memoria gli giocava brutti scherzi e gli capitava di dare del tu a qualche alto papavero credendo di conoscerlo da chissà quanto tempo. D'ogni modo nessuno s'offendeva e persino a livello di ambasciatori gli ospiti si sentivano onorati della sua famigliarità. Le sue "conoscenze" aumentavano coi calici ed ora eravamo appena al sesto.

La signora gli porse la mano ingioiellata senza parlare e lo guardò dritto negli occhi.
A Mario cadde il bicchiere mentre l'adrenalina azzerava l'effetto dell'alcool: questa la conosceva davvero.

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Opere d'arte, cascate poetiche

“Ora dimmi Adriana: un seno può considerarsi un'opera d'arte? Guardando il tuo e pensando alle tante madonne dipinte dalle mie parti durante il rinascimento verrebbe da dire di sì. Invece non é così. L'assieme é un opera d'arte, ma due tette isolate, anche se ben dipinte o ben modellate, con tutto il rispetto, no. E le cascate poetiche? Sempre guardando a te, non possono essere altro che i tuoi lunghi capelli”.
“Perché, quelli di una madonna no?”
“Di una Maddalena semmai, le madonne sono sempre mamme e nascondono pudicamente i capelli sotto ad un velo”.

Mi mettono gloria negli occhi e nei gesti

“Gloria Mario? Quella lasciamola agli eroi, io direi piuttosto la gioia. Permettimi questa piccola correzione e seni e capelli trovano la loro giustificazione”.
“Accettata, hai del talento”.

Mi mettono gioia negli occhi e nei gesti
E guardi e tocchi me.

“Non dovrei? Guarda che smetto e verso un'altra birra in questo mio lavandino di gola”.
“Ti prego, lo dico contro i miei interessi, non bere più. E adesso dimmi che ci fai qui nel mio paese”.
“Non vedi? Vado in giro, osservo, scrivo e poi traduco in Belucistano”.
“Mi pare impossibile che tu viva di questo, non mi hai appena detto che quei pastori Belu ... Beluche? Ma non sono analfabeti? Che possono farsene dei libri? Mica li compreranno per darli in pasto alle capre. Ora scommetto continuerai mentendo dicendomi che hai tradotto pure la Bibbia. Sai, pare sia l'opera più tradotta al mondo”.
“Tradurla? Mi sottovaluti: io ho scritto l'originale!”

Mario, un geologo poco più che trentenne, si trovava all'altro capo del mondo ingaggiato da un'impresa di costruzioni di ponti e dighe. Il suo compito era esplorare il terreno e tracciare mappe utili ad ubicare il sito su cui sarebbero sorte simili opere. Dopo un mese passato nella jungla i suoi committenti gli avevano concesso una breve vacanza da passare nella più vicina città, mettendogli pure a disposizione un'automobile. Lontano da giaguari e anaconde e riavvicinatosi a quella particolare fauna che sono donne, all'avventuriero era tornata la vena poetica. Mario non poteva sapere che non é declamando versi che si conquista una ragazza. Non poteva saperlo perché oltre ad essere esageratamente estroverso era anche troppo un bel giovanotto e questo, unitamente alle sue mani bucate, alle figliole che incontrava in certi bar della costa, bastava ed avanzava.

Ora si trovava appunto in un simile locale e abilmente Adriana lo aveva isolato dalle sue temibili concorrenti, inizialmente dimostrandosi un po' sciocchina per entrare nelle sue grazie. Qualcuno le aveva insegnato che i maschi italioti non amano intrattenersi con donne dimostranti più intelligenza di loro, ma Mario sembrava un eccezione e lei stava scoprendosi poetessa a sua volta.

D'un disegno gettato alla follia di quest'aria.
Follia, senti che musica e guarda come ballano questi qui!

Dopo un paio d'ore, senza progredire ulteriormente nella poesia improvvisata per il loro incontro, Adriana e Mario decisero di uscire per conferire alla loro conoscenza una dimensione biblica.

“Piove! Dove hai parcheggiato la macchina?”
“Già, dove? Non lo so. Mamma che buio”.
“Che modello é?”
“Proprio qui sta il bello. Non me lo ricordo, forse era nera”.
“Ahi, Mario, troppo alcool fa di questi scherzi”.
Al nostro non rimaneva che cercare un'auto scura con targa di R. Al buio erano tutte scure e non poche avevano quella targa, intanto la pioggia si infittiva inzuppando i due fino all'osso.
“Proviamo ad aprire questa”.
Inutile, nessuna delle dieci o dodici serrature che provarono si aprì, anzi, l'ultima non volle restituire la chiave. Mentre Mario si accaniva e vociava, Adriana non riusciva più a contenere le risa.

“volteggio e sragiono
gridando e tu ridi”

“Scusa, ma é più forte di me, la situazione é troppo comica”
“Prendiamo un taxi, la recupereremo domattina alla luce del sole e all'asciutto, spero”.

Una coppia di agenti li stava tenendo d'occhio da un po' di tempo.
L'auto della polizia accostò e il più anziano dei due li apostrofò con tono abbastanza duro.

“Allora, che sta succedendo?”
Adriana si fece piccolina dietro all'italiano.
“Salve ragazzi, sto cercando la mia auto, ma non so più né dov'é, né com'é!”
“Ragazzo, é meglio per te se non la trovi o dovremo arrestarti per guida in stato d'ebbrezza e, adesso, dammi il passaporto”.

Mario non lo sapeva, ma i due agenti lo controllavano dal suo ingresso in città. Qualcuno dell'impresa aveva segnalato che un loro tecnico sarebbe sceso in città a fare bisboccia e a nessuna delle controparti, governo e imprenditori stranieri, conveniva che succedessero casini.

“Ragazza, fatti vedere e mostraci i tuoi documenti”.
Di malavoglia Adriana esibì la sua carta d'identità, quasi temesse le applicassero un bollino nero.
Restituendo entrambi i documenti il poliziotto assunse un tono più conciliante.
“Allora, dov'é che volevi andare? In albergo con la tua nuova amichetta?”

“Si, la signorina Adriana ed io dobbiamo finire la nostra poesia”.
“Signorina? beh, lasciamo perdere. Poesia? Questa poi non l'avevo mai sentita!”

Quello che non aveva ancora parlato si sentì in dovere di precisare.
“Si vede che al suo paese si dice così”.
“Sì, eh! guarda che la tua macchina é quella là. Dai, sali e seguirci al passo che ti guidiamo all'hotel”.
“Grazie ragazzi, é il”.
“Non ti preoccupare, lo sapevamo già”.

Mario non era mai stato scortato dalla polizia, tuttavia non fu una cosa tanto spettacolare. Niente a che vedere con l'arrivo di Nixon di qualche giorno innanzi. Nessuna sirena, però in pochi minuti si ritrovò nel parcheggio. I poliziotti salutarono con un lieve colpo di clacson e sparirono nel buio. Adriana rimase tutta la notte.

Al mattino presto lui non la svegliò prima di andarsene. Le aprì la borsetta, vi pose cento dollari e richiuse. Poi gli venne un'idea e scrisse su un foglio tutti i versi elaborati assieme aggiungendone uno nuovo. Riaprì la borsetta e ve li depositò. e poi un abbraccio, la cosa forse più soffusa del mondo: Un abbraccio d'addio mai avvenuto, in realtà un tenero bacio depositato sulla fronte della ragazza e una lieve carezza. Meglio così, il nostro poeta detestava le scene d'addio.

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“Non mi dovevi niente. La nostra poesia, sebbene incompleta, vale molto più di qualche banconota verde”.
“Scusami, non intendevo offenderti, qualcuno mi aveva detto che era la tariffa. Oh, perdona la mia goffaggine, adesso tu sei una vera signora!”
“Non farti abbagliare dai gioielli, sebbene in un certo senso anch'io ho avuto successo, anche se nell'unico modo concesso alle donne nel mio sfortunato paese. D'ogni modo ti perdonerei se tu l'avessi pubblicata la nostra poesia, ma non la trovo in questo libro”.
“Certo, perché non mi é mai riuscito a terminarla”.
“Allora fallo adesso, però mantieniti distaccato perché in sala c'é mio marito”.

Adriana estrasse il foglio scritto un giorno da Mario e glielo porse.
Mario non esitò a concludere una poesia iniziata vent'anni prima.

mi aspetto un tuo bacio almeno dagli occhi.