Il graffio di un treno sulla mia
voce
di Sandra (poesia di Lisa)
Enrica
cerca alla rinfusa nella sacca da mare l'accendino e non lo trova.
Fumatrice accanita ha una reazione di stizza. La spiaggia è
poco frequentata e oggi giorno è raro trovare dei compagni
di vizio a causa delle continue campagne antifumo.
Innervosita pensa che la cosa migliore sia tornarsene a casa.
Allunga una mano per raccogliere il giornale, s'infila gli zoccoli
anatomici, si alza e la vede. Vede una mano con una sigaretta.
Un uomo sta fumando a pochi metri di distanza.
Non
pensa e s'incammina nella sua direzione.
" Scusi mi fa accendere?"
L'uomo chiude la Gazzetta dello Sport e le porge la fiamma.
Dopo
aver aspirato la prima boccata, Enrica gli chiede se può
trasferirsi vicina a lui per avere la possibilità di fumare
e, con disinvoltura, senza aspettare che lui risponda, trasporta
la sua roba, stende il telo e riprende a leggere. Anche in vacanza
lavora. Entro la fine della settimana deve inviare al giornale
la recensione di un libro.
Enrica
è una nota critica letteraria, ma l'uomo non sembra averla
riconosciuta.
" Non ho mai capito come fate a leggere tutte quelle pagine!"
la interrompe lui all'improvviso.
" Non le piace leggere?"
" Sì leggo giornali, riviste quotidiani, ma libri
mai. L'ultimo l'ho aperto quando avevo tredici anni. Fui bocciato
e chiusi tutto."
Enrica
sorride. Lo sguardo di quell'uomo che si chiama Ugo, è
vivace e, d'istinto, senza un motivo logico, gli racconta che
lei ha frequentato sino alla maturità classica per poi
impiegarsi in un'azienda pubblica.
Chiacchierano del più e del meno per un'oretta sino a quando
Enrica rientra in paese dove, dopo cena, si ritrovano nella piazza,
uno dei luoghi d'incontro della piccola località turistica.
Ad
Enrica piacque quell'uomo magro e un po' burbero e Ugo fu attratto
da quella donna intelligente e, particolare non di second'ordine,
con un fisico affascinante. Tra loro nacque una storia d'amore
che continuò oltre il periodo estivo.
Ugo
non aveva problemi economici, guadagnava bene.
Fattore di una tenuta dove aveva lavorato sin da ragazzo svolgendo
varie mansioni, trattava alla pari con i proprietari del podere
ed era contento della sua occupazione che lo portava ad avere
un contatto quotidiano con la natura.
Frequentandolo,
Enrica ritrovò i vecchi odori della casa colonica di sua
nonna, le fragranze emanate dalle foglie degli agrumi, l'odore
particolare delle erbe aromatiche della menta, del rosmarino,
della salvia., così come ritrovò quei particolari
fiori di campo dal colore viola acceso che non hanno profumo,
ma che amava moltissimo da bambina.
Si
vedevano spesso. Appena gli impegni lavorativi lo permettevano,
partivano o l'uno o l'altra.
Enrica non si poneva domande sul futuro. Diceva tra sé
e sé: " Con lui dipingo il grigio dei giorni".
Stava bene e le bastava.
Ugo
dal canto suo, non vedeva altro che lei. Questo sino ad una settimana
prima, quando aveva scoperto chi fosse Enrica e quale lavoro svolgesse
guardando la televisione.
Impietrito aveva ascoltato tutta l'intervista, alla fine, posato
con un gesto secco il bicchiere sulla tavola, era uscito da casa
sbattendo la porta.
Si
sentiva stordito, la situazione gli appariva irreale. Aveva camminato
a lungo nei sentieri all'interno delle vigne, aveva compreso perché
la casa di Enrica era colma di libri e ripensato alla sera in
cui, per scherzo, le aveva proposto di bruciarli tutti. Si era
dato del cretino, dell'ingenuo.
Nell'aria
fresca dei campi riacquistò la sua dignità e un
po' di sicurezza. Rientrato a casa, compose con calma il numero
di Enrica.
"
Ti ho vista in televisione.".
Questa frase arrivò a Enrica come una pugnalata. Invano
cercò di spiegare, di farlo ragionare, riuscì solo
ad ottenere un ultimo appuntamento.
L'incontro
fu molto teso.
Ugo distaccato e ferito la guardava mentre lei esponeva le sue
ragioni, i motivi per i quali aveva taciuto. A lei non importava
che non avesse titolo di studio e non aveva voluto correre il
rischio di perderlo. Per questo aveva mentito. Lo amava perché
lui l'aveva accettata per quello che era realmente e non per quello
che appariva. Ugo ascoltò senza dire una parola, poi guardò
l'orologio e la salutò.
Si
abbracciarono. Fu allora che lui le chiese di fare l'amore un'ultima
volta.
I loro corpi si riconobbero e si amarono. Enrica tentò
un'ultima domanda: " Perché?"
Ugo rispose " Perché impazzisco per te, per la tua
testa, per il tuo corpo e mi farei del male a starti a fianco".
Prima di partire Enrica riuscì a farlo ragionare ad instaurare
un minimo di dialogo.
Ugo promise che non sarebbe sparito ma qualcosa si era incrinato
e ci sarebbe voluto del tempo perché si rimarginasse.
Sull'autobus
l'aria è stantia, Enrica si accosta più che può
alla parete del finestrino alla ricerca di uno spiffero. Di solito
si sposta con la sua cinquecento scassata, piccola e comoda da
parcheggiare, ma oggi è una giornata particolare. Il centro
è un ingorgo di macchine. Ugo è appena partito.
Ricorda
il fischio del capostazione, le sue lacrime che scivolano lievi
fra sassi e l'acciaio e senza vergogna, lascia che un'ultima lacrima
scorra sulla sua guancia senza trucco.