La madre
di Lucilla (poesia di Teresa)
La neonata si svegliò piagnucolando nel suo lettino. Un
poco intorpidita dal sonno, la giovane madre la prese in braccio
per porgerle il seno gonfio di latte. Immediatamente, la piccola
si attaccò al capezzolo materno incominciando a succhiare
con avidità.
Mentre
l'allattava, Lia ammirava con amore infinito quella creaturina
che aveva appena lasciato il suo grembo. Com'era tenera e perfetta
sua figlia! Guardò le sottili sopracciglia che formavano
due piccoli archi sugli occhi socchiusi, e, ancora una volta,
si stupì di quei minuscoli pugni, stretti come nella posizione
fetale. Odorava di buono, Sara, di latte e d'olio per bambini
accuratamente passato sulla sua epidermide morbida e delicata.
Intanto
che poppava, emetteva gorgoglii quieti. Con dolcezza, Lia accarezzò
la serica peluria del suo capo, gioendo di quel intimo contatto.
Finalmente
sazia, la piccola abbandonò il petto della madre, restando
con la boccuccia aperta da cui colava un sottile rivolo di latte.
Spalancò gli occhi, bluastri e un po' appannati come gli
occhi di tutti i neonati, e a Lia parve che cercasse di guardarla.
C'erano
delle volte, mentre l'allattava, in cui Lia era convinta che sua
figlia la stesse annusando, proprio come un cucciolo d'animale,
quasi volesse studiare quel odore caldo e rassicurante che l'avvolgeva
e la nutriva.
Mentre
ricambiava il suo sguardo, Lia ripensò al giorno del parto.
Si rivide lottare per fare uscire quella figlia dal proprio corpo
che non poteva più contenerla. La rivide, piccolissima
e coperta di sangue, respirare per la prima volta, e urlare al
mondo la propria indignazione per essere stata così brutalmente
scaraventata fuori dalla calda culla dell'utero. Ricordò
la strana sensazione provata quando, per un breve attimo, mentre
era assopita nel leggero sonno delle puerpere, le parve di entrare
in quella piccola mente ancora informe e di vedere una gran luce.
In quel fuggevole momento ebbe l'impressione che il suo corpo
non avesse confini, che fosse un tutt'uno con quella luce abbagliante.
Lia non sapeva se fosse stato solo un sogno o se, per qualche
istante, avesse davvero respirato nel corpo della sua bambina,
ma il suo istinto le diceva che non aveva affatto sognato. Si
sa che tra madre e figlio c'è un legame particolare: il
loro era semplicemente un po' più forte, più intenso
del normale. Non importa che le leggi della fisica e della logica
dicano che è impossibile. L'amore di una madre trascende
le leggi della logica e della fisica, tutto qui.
Placata
la fame, la piccola si addormentò profondamente. Accoccolata
accanto a lei, Lia si cullò nella calda sensazione d'appagamento
e di benessere che il corpo di sua figlia emanava. Le ritornarono
alla mente i versi di una poesia che amava moltissimo e che parlava
della maternità "....cercano tutte un nuovo baricentro/
mentre piccoli pianti intermittenti/ le chiamano a raccolta nella
notte". Adesso toccava a lei! Chissà per quante altre
notti il sommesso pianto di Sara l'avrebbe chiamata! Ma lei ci
sarebbe sempre stata per la sua bambina, sempre, di giorno e di
notte, per ogni giorno e notte della sua vita. E, come spesso
le accadeva durante la gravidanza, si ritrovò a fantasticare
sul futuro della sua creatura. Sarebbe cresciuta, Sara, avrebbe
imparato a camminare e a pronunciare le sue prime parole. Con
gli occhi della mente la vide andare a scuola, fare la sua Prima
Comunione, e percorrere, ad una ad una, tutte le piccole e grandi
tappe della vita. Un giorno, sarebbe diventata donna e avrebbe
conosciuto l'amore. Ma per questo ci sarebbe voluto ancora tanto
tempo, pensò sorridendo, mentre si abbandonava al sonno....
In
silenzio, il sanitario spense l'apparecchio per la respirazione
assistita. L'elettrocardiografo segnalò una sola, debolissima
pulsazione e poi più nulla.
A
Marco sfuggì un unico singhiozzo dalla gola stretta dal
dolore. Accarezzò la mano bianca e ancora tiepida di sua
moglie e la baciò, bagnandola con le lacrime che, copiose,
gli rigavano il volto.
"Mi
dispiace", disse costernato il dottore, "Non abbiamo
potuto fare nulla. La signora era entrata in coma irreversibile,
e, purtroppo Il feto era già morto quando sua moglie è
arrivata in ospedale". Quindi, si rivolse all'infermiera:
"Signorina, per favore, scriva: il decesso è avvenuto
alle ore nove e quarantacinque."
Tutti
uscirono dalla stanza, lasciando un corpo che ne conteneva un
altro, indissolubilmente legati per l'eternità. Ma anche
le loro anime, che erano volate via già da molto tempo,
sarebbero state per sempre unite.
In
un altro piano d'esistenza, Lia riaprì gli occhi. Forse
l'aveva destata un sospiro di Sara, oppure un suo piccolo movimento.
"Va
tutto bene, bambina mia, va tutto bene, c'è la tua mamma
qui con te" le sussurrò e, nel riaddormentarsi, sorrise
ancora.