Doppio Misto

Jerry Lee
di Mario Robusti (poesia di Enriquez)

Alla finestra attendo di vederti passare ancora una volta. Mi sono arrampicato su questa massa di cassette, sbattute contro la parete della casa, vicino ai bidoni della spazzatura dove ogni due per tre uno sporco riboso viene a buttare le bottiglie di vetro, rischiando di farmi volare per terra e tutto il resto.

C'è anche Tommy vicino a me, che scalpita come un matto. Se non riesco a vederti, mi sa che se l'avrà a male per un bel tre giorni, e non mi va di giocare da solo per tutto questo tempo.

"Questo vetro è troppo sporco, maledizione!"
"Vedi qualcosa?"
"No, aspetta"

Vedo solo la mia faccia impolverata riflessa sull'unto. I capelli biondicci arruffati, le lentiggini, i denti storti e gli occhi azzurri. Se lei mi vedesse adesso mi penserebbe un diavoletto e magari si spaventerebbe. Pulisco il vetro con un paio di sputi e una manica della camicia. Dentro alla bettola c'è un pavimento di terra battuta su cui si muovono un bel po' di dozzine di piedi. C'è uno spilungone appoggiato al bancone riciclato dalla vecchia taverna di Joe - quello con ancora la sputacchiera e il passamano d'ottone- nel suo vestito grigio gessato che beve un bicchiere di Whisky.

"Hey Tommy, che cosa bevete voi negri?"
"I Negri?"
"Si, hai capito, testa di rapa!"
Tommy con la sua aria da saputello con gli occhiali tondi e la testa pelata, mi squadra un po'.

"E che ne so io!"
"Ma come, tu SEI un negro!"
"Bè, io bevo l'aranciata. Ma mio papà beve bourbon"
"Bourbon... dev'essere buono"
"perché me lo chiedi?"
"perché c'è un negro come te che sta bevendo bourbon"
"Dai, fammi vedere!"
"No, non è ancora arrivata, aspetta il tuo turno, scolorato!"

Mia mamma dice sempre che i negri sono bianchi che hanno perso la decenza e quindi il colore, e si sono trasformati nel colore dei diavoli. Ma io non ci credo. Mi aveva anche detto che Babbo Natale mi avrebbe portato lo slittino per scendere dalla collinetta del Barrens, ma non è mai arrivato.

Il vecchio che sta dietro al bancone è un muso giallo, di quelli con solo un piccolo ciuffetto di capelli dietro alla testa, come la coda di un cavallo, ma più corta. serve da bere a tutti, scivolando sul sudicio, che dev'essere peggio di quello dei vetri, sicuro. Si intrattiene un po' con qualche cliente importante, dei bianchi che si fanno dare un mazzo di carte e si prendono un tavolino quadrato in mezzo alla sala, per giocare. Poi si gira e inizia ad urlare nella sua linguaccia verso la cucina, da dove esce una ragazza sempre gialla, che cammina con dei passettini piccoli piccoli, portando un piatto di roba da mangiare al tavolo.

"Hey Negretto, perché i musi gialli camminano tutti come se avessero la cacarella?"
"Perché avranno la cacarella!"
Scoppiamo a ridere e quasi mi ribalto dalle cassette. Tommy mi tiene su per miracolo, e ci fermiamo immobili per qualche secondo quando esce di nuovo il tizio della spazzatura a buttare via delle bottiglie di vetro.
"Non fare casino LJ"
"Non fare il saputello negretto!"

Ai tavolini rotondi vicino alla parete sono seduti un po' di montanari che scendono per la raccolta del cotone. Hanno in braccio una ragazza a testa, vestite di azzurro e rosa, ma una è bionda e l'altra castana. Sono tutte e due un po' cicciottelle, "Belle in carne" direbbe Toby Codardo, che guarda caso stasera era proprio impegnato a studiare. Secondo me ha troppa paura di sua mamma per venire fino alla bettola. E poi cosa studia che non sa leggere?

"Hey Tommy, il codardo sa leggere?"
"Forse il russo"
"Ma se viene dall'Italia!"
"Non è vicina alla Russia?"
Tommy mi guarda con la sua aria stupita, quella che gli si stampa in faccia quando gli si spezza una certezza nella testa: sembra un camaleonte folgorato da un colore che non aveva ancora visto. Ce l'ha spesso quell'aria lì. A natale ce l'ha avuta due settimane perchè uno più grande gli aveva detto che Babbo Natale non esiste per davvero ma che è una invenzione. Non perdo neanche tempo a rispondergli. Non posso stare ad aspettare che capisca. Sono impaziente prima o poi... sta arrivando!

"Sta arrivando!"
"Si?"
"Si, diavolo, te l'ho appena detto!"
In fondo al locale c'è un pianoforte grigio, pieno di polvere, di quelli piccoli che si appoggiano al muro, uguale a quello della chiesa dei neri che c'è qua vicino. Ci si sta sedendo vicino un negro basso e smilzo. Ha il viso da furetto e straparla con un'altra ragazza nera, con degli occhioni azzurri azzurri ed un vestito blu a pois bianchi.

Inizia a battere qualche tasto per richiamare l'attenzione del pubblico, che immediatamente si gira. Da uno dei posti che stanno sotto alla finestra da dove sto spiando io si alza un omone gigantesco, sempre negro, ma ha i modi di fare di un bianco, leggero sui piedi e nobile nei movimenti. Sembra il boss del locale. Arriva fino al pianoforte per parlare con il furetto, poi va dietro al bancone e tira fuori una chitarra.

"Hey, LJ, allora?"
"Arriva, arriva, stai tranquillo Negretto!"
"Non chiamarmi negretto!"
"E tu idiota non urlare!!!"
Mentre noi ci stavamo litigando il posto in prima fila non ci siamo accorti che dall'altra parte dei bidoni della spazzatura si era aperta la porta della bettola e stavano uscendo un tizio con un valigetta e lei, la donna vestita di rosso.

"Hey voi due! Che ci fate qui!"
Tommy scappa come un fulmine, urlando come un forsennato. Mi sa che la prossima volta sarò da solo a spiare la bettola. Ma intanto mi sbilancio e mi ribalto in mezzo ai bidoni della spazzatura, facendo un gran macello.
Perdo i sensi per un attimo, vedendo l'immagine di mia mamma sopra di me che mi dice "Cosa cavolo hai fatto, peste d'un diavolo?"

Poi mi risveglio con sopra di me il suo viso. Ma proprio il suo viso, a due dita dalla mia faccia, che potrei quasi baciarla.

"Piccolino di zia Betty, come stai?"
Inizio a guardarmi attorno, senza parole, e vedo la faccia del nero con la valigetta, molto arrabbiato.

"Allora non si fa?"
"Ma vai a quel paese, porco schifoso! Vai dentro a suonare che Big Joe ti chiama per cominciare, vai!"
"E tu adesso che fai, te la intendi con i bambini?"
Io sono stranito, credo di essermi fatto male ma non riesco a spiccicare parola; lei mi sta tenendo praticamente in braccio, oddio, sento il calore della sua pelle sulla mia!

"Adesso lo porto dentro e lo metto su una sedia, tanto non se ne accorge nessuno."
"Un bamboccio nella bettola! Robe da non credere!"
Adesso però devo dimostrare di essere un uomo!
"Non sono un bamboccio!" Gli strillo dietro con la voce più bassa che posso, ma mi esce male tipo lo strillo di un cappone a cui stanno tirando il collo.
"Ah no?" mi risponde il negro "Quanti anni hai, moccioso?"
"tredici e due mesi"
"Eh già, i due mesi ti fanno uomo. Che aspettavi ad entrare, non lo sai che accettiamo tutti quelli che hanno da tredici anni, un mese e ventinove giorni in su?"

Devo essere veloce e veloce faccio un copia e incolla delle mie parole a te.

"Ma io sono grande! io bevo bourbon!"
Il negro scoppia in una risata e poi si rivolge a lei.
" Betty, con il capo te la vedi tu ok? io non ne so niente"
"Certo principe, adesso vai a dar fiato alle tue glorie"
Cosa ci sarà dentro a tutto quel sorriso che Betty sta facendo al negro?
Mi rialzo e Betty mi riassetta un attimo il vestito, poi guarda i tagli che mi sono fatto in faccia e mi dice:
"Adesso ti medichiamo un attimo e poi ti rimandiamo a casa tua, daccordo?"
Riesco solo a muovere la testa in su e giù.

Mi accompagna appoggiando le sue mani sulle mie spalle dentro alla bettola. Quando lo racconterò a Tommy ci resterà di sasso.

C'é già della gente che urla. L'odore del sudore e dell'alcool è pesante, tanto che ne resto un po' stordito. Il furetto sta suonando il piano come un forsennato, saltando sulla sedia ed urlando all'impazzata. Ogni tanto si blocca come se restasse di marmo e lascia spazio alla chitarra del grassone, che poi si fa accompagnare dal negro che stava fuori con lei, il trombettista. Betty mi da una spugna lavata per pulirmi le ferite, e poi chiama il muso giallo:
"qualcosa per l'ometto spione che sta seduto qui"
Il negro trombettista si ferma un attimo e urla:
"Si, date da bere ad un ometto di tredici anni e due mesi. Dategli del bourbon!"
La folla si scompiscia dalle risate ed io divento rosso in faccia. Non ci capisco più niente, perchè Betty si allontana lasciandomi una carezza, andando verso il pianoforte per cantare con tutti quanti e fare vedere le sue gambe. Ed io resto con un pugno di mosche e un bicchierino di bourbon che il muso giallo sta guardando arcigno.

"Allora ometto o moccioso, bevi?"
Il suo sguardo si muove come indeciso fra me e il bourbon, fino a che non prendo il bicchiere e non scolo tutto quello che c'è dentro fino all'ultima goccia, in un sol colpo!

Inizia a girare tutto, inizio a sentirmi come il fumo cattivo delle sigarette e mi sembra di muovermi a ritmo con tutta la gente che sta ballando dentro al locale. Anzi, mi sa che anche la bettola si sta muovendo, quasi posseduta dalla musica che quei tre la in fondo, lontanissimi, stanno strimpellando. Ma chi può essere capace di far muovere così tanta gente, così velocemente da lasciarli spossati e sfiniti, quasi stravolti? E tutti che urlano "King, King, King!" e applaudono come se si fosse risvegliato un Dio o che ne so. Anche i bianchi che stavano giocando a carte si sono messi a ballare come dei pazzi, lasciando soldi e carte sul tavolo alla portata degli occhi fini. Così dopo la musica iniziano un po' di parapiglia e Betty decide di portarmi a casa. Mi lascia a cento metri dalla porta. Posso già vedere mia madre che aspetta sulla soglia e una macchina della polizia davanti a casa. Mi sa che stanno cercando me.

Betty prima di partire però mi da un bacio sulla fronte lasciandomi di gesso e mi raccomanda di non farmi più vedere alla bettola. Io giuro, ma in realtà a quella bettola appena posso ci vado ancora eccome. Parola di Jerry Lee Lewis!