Coccinelle
di Marcello Vicchio (poesia
di Bruno Giuliano)
Eccomi qui. Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe toccata a me un'esperienza
del genere? Come Robinson Crusoe, ezz u qhiai. Pure quell'altro,
quell'attore che ha vinto l'Oscar con Forrest Gump, si trovava
nella mia stessa situazione di merda in un film che non ricordo
più... ma quello era un film, ezz u qhiai. Il Forrest era
perfino capace di pescare con una specie di lancia che sembrava
un indiano cherokee, sembrava. Lui dico, non la lancia, ezz u
qhiai.
La
colpa era di Giulietto, sì, non poteva essere che sua.
Portava iella, sfiga, scalogna nera... lo sapevano tutti. Lo chiamavano
"Corno Rosso non avrai il mio scalpo" e i colleghi contrabbandieri
giravano armati di uno di quei cornetti di plastica Spaccanapoli
Original e lo tastavano sapientemente ogni volta che Giulietto
era nei paraggi. Era l'unico rimedio possibile contro le sue onde
malefiche, ezz u qhiai. E io...io l'avevo incontrato poco prima
di salire su quella carretta fatiscente che avevano il coraggio
di chiamare aereo, velivolo, UFO. Non avevo nemmeno toccato ferro
o le palle quando Giulietto mi aveva inquadrato con il suo fatidico
occhio sicco. Troppo buono io a concedergli il beneficio del dubbio
prima d'ora e difenderlo quando qualcuno glielo voleva cavare
per non fare più danni, il suo maledettissimo occhio. Avrei
dovuto lasciarli fare, anzi fornire io stesso un'affilata pattada,
ezz u qhiai.
No,
dico, ma possibile che nessuno dei soccorritori si accorgesse
che mi trovavo in un isolotto del Mediterraneo? E che cacchio,
mica ero in Polinesia!
La
carretta nella quale viaggiavo si era inabissata a poche decine
di metri dalla riva, con dentro ancora poco più di mezzo
corpo di U Puzzulu, il pilota. L'altra parte: testa, collo e parte
della spalla destra erano state tranciate da un pezzo di lamiera
ed erano finite chissà dove. Almeno U Puzzulu sarebbe stato
mangiato dai pesci invece che dai vermi. Non so se questa era
una soluzione migliore però, ezz u qhiai.
Io
odiavo i vermi! E odiavo qualsiasi tipo di insetto. No, più
che odiarli ne avevo una paura folle.
Scarafaggi,
aracnidi, zanzare
zecche,
cimici,cibi verminanti
(l'unica
scatoletta di carne che avevo salvato era piena di vermi) sembravano
essersi dati appuntamento sull'isolotto per un pranzo succulento
nel quale l'unico convitato ero io, come pietanza.
Ma
di cosa si cibavano quegli stronzetti zampettanti se sull'isola
c'erano solo qualche alberello di macchia mediterranea, alcuni
sparuti gabbiani ai quali non funzionava il radar interno (se
no che ci facevano da quelle parti?) e un esercito di lucertole?
Ma
non ci sarei stato molto in loro compagnia, qualcuno si sarebbe
deciso a venirmi a cercare. Avevo scritto un bel SOS sulla sabbia
della minuscola spiaggetta sfruttando tutti i ciotoli che ero
riuscito a trovare. Anche un pilota guercio l'avrebbe visto, ezz
u qhiai.
...
Quanti
giorni erano passati? Due, tre, o più? Merda, ma allora
lo facevano apposta? Non si muoveva nessuno? Neanche mia moglie?
...
Dieci,
dodici?
Eheheh
avevo catturato una lucertola. Buona la lucertola... Era buona
pure cruda. Da tempo avevo divorato tutte le patelle strappate
dagli scogli, non c'era più niente, neanche una cicoria...
merda. E il sole picchiava come un forno crematorio. Certo che
però uno di quegli stronzi di gabbiani che facevano eerk
eerk sopra la scogliera avrebbe risolto il problema del Mezzogiorno
per un bel po'... eh eh eh... battutaccia che facevo spesso. Chissà
com'era la carne di gabbiano? Una volta ne avevo pescato uno andando
a traina con la barca. Proprio così. Invece di pescare
sgombri o tonni, io e Carmelo avevamo pescato un fesso di gabbiano
strabico che si era lanciato sul pesce finto. L'avevamo liberato
e io mi ero beccato una beccata ( beccato una beccata?) al dito.
Col cazzo che l'avrei liberato se ne avessi catturato uno adesso,
ezz u qhiai.
...
Venti,
venticinque?
Si
era posata sulla mia mano. Zampettava allegra, su e giù
per il dorso delle dita, non curandosi delle mie reazioni. Ogni
tanto apriva le alette lasciando intravedere la pellicina giallastra
di sotto. Erano belle le sue alette, color rosso rubino e punteggiate
di nero. Come avevo fatto ad odiare gli insetti prima di allora?
Come avevo fatto ad averne paura? Tutto sommato gli insetti non
erano affatto male. Non tutti i mali vengono per nuocere, no?
Quel maledetto sputo di pietra in mezzo al mare mi stava facendo
vedere cose che non avevo mai visto, che neppure immaginavo ci
fossero, anzi me le stava facendo vedere come non le avevo mai
viste. Le coccinelle, poi, sono animali bellissimi, perfetti,
armoniosi. Tirullallero lallero lallà mio bell'insetto
vieni qua. Grazie Dio per averle create.
...
Trenta,
trentacinque?
Verrà
qualcuno, verrà... e me ne andrò da questo buco
del culo del Mediterraneo.
...
Quaranta?
Boh. E' peccato mortale mangiare le coccinelle. Me ne sono convinto
osservandole attentamente. La coccinella è l'insetto più
bello del mondo. Ha una forma perfetta, è una mezza sfera,
e la sfera è la forma più compiuta che esista. E'
lucente, ha un colore rosso che ricorda tanto i rubini che contrabbandavo,
quando contrabbandavo... quando... quando? I miei rubini. Dov'erano?
Li avevo ancora nel sacchetto dentro la tasca che non era andata
in brandelli come tutto il resto dei vestiti. Erano lì.
Oh che bei rubini, tirullallero lallero lallà.
Andrò via... me ne andrò da questo scoglio dannato.
I miei rubini... Sembravano agitati... I miei rubini sembravano
agitati. Presi la borsa di tessuto dove li custodivo. Era tutta
percorsa da movimenti bizzarri. Uhhh che belle! Ma quante coccinelle
tutte scintillanti, ronzanti, fruscianti vedevo dopo aver slacciato
la cordicella che le teneva dentro il sacchetto. Neppure una si
levava in volo. Stavano tutte lì, agitando le ali di cristallo
e aspettavano che qualcuno si accorgesse di loro. Oh, amavo gli
insetti! Erano meravigliosi.
Ne presi una
e la posai sul polpastrello dell'indice. Mi guardò con
i suoi languidi occhietti a spillo e mostrò orgogliosa
il torace, mentre rigiravo la mano da una parte e dall'altra.
I raggi del sole attraversavano il suo corpo trasparente, proiettando
una piccolissima ombra rossastra sul dito. Le alette di alabastro
ronzavano sommesse, ma non abbastanza da farla staccare da me.
Soffiai poco poco su di lei, che si girò, leggermente offesa,
sollevando le zampette posteriori in segno di protesta.
Le piccole
antenne di platino puro vibrarono al vento, assaporandolo. Sì,
doveva essere libera, decisi. Un simile tesoro della natura non
poteva più restare chiuso in un sacchetto di tela.
Strisciai
sui gomiti fino al bordo della scogliera, stando attento a tenere
alta la mano per non ferire la coccinella di rubino. Sotto, le
onde sciabordavano inquiete contro gli scogli appuntiti, ma io
quasi non me ne accorgevo. Osservavo l'insetto cristallino in
trasparenza e aspettavo con trepidazione il momento in cui avrebbe
spiccato il volo. Via! Libero! Proprio come meritava di essere.
Ma forse anche la coccinella si era affezionata a me e non ne
voleva sapere di volare. Allora mi sporsi un pochino di più
e la lasciai cadere, costringendola a darsi da fare.
Fu il momento
più emozionante della mia vita. Quando aprì le alette
e cominciò a planare verso il basso, lentamente, gloriosamente,
mi sembrò quasi di essere accanto a lei e godere dello
stesso volo. Tirullallero lallero la... Merda! Il gabbiano! Le
si era avventato contro...No! Le sue fauci oscene si erano aperte
e rinchiuse sulla mia coccinella. No! Non poteva farmi questo
un gabbiano del cazzo. Non alla mia coccinella! Il predatore se
n'era tornato gonfio e tronfio al suo nido sulla rupe, con un
eerk eerk di vittoria.
Avevo le lacrime
agli occhi e un groppo in gola. Come si poteva essere così
crudeli da distruggere quella perla della natura? Come poteva
Dio permettere che una cosa così bella finisse nello stomaco
di un uccellaccio? Attraverso il velo che mi appannava le pupille
vedevo le altre coccinelle premere contro le pareti del sacchetto,
ansiose anch'esse di conquistare la libertà. " Come
posso negargliela?", singhiozzai. "Non è giusto."
Ne misi delicatamente
altre due nel palmo della mano e le soffiai via. Volteggiarono
felici, veleggiando in aria, e scesero verso il basso con larghi
giri.
Eerk eerk
... ancora quell'orrendo grido. Il gabbiano si abbatté
veloce e distruttivo come un fulmine sulle due piccole creature
e le ingoiò avidamente.
No! Dio, no!
Come prese
da una smania incontenibile tutte le altre coccinelle del sacchetto
cominciarono a scagliarsi contro la tela, creando un formicolante
andirivieni di bozzi e avvallamenti. Volevano essere tutte libere,
volevano volare, volevano l'aria. Non importava loro del pericolo...
volevano la luce.
Aprii il sacchetto
e le liberai tutte insieme. Il gabbiano non poteva mangiarsele
tutte: molte si sarebbero salvate, avrebbero fatto uova e si sarebbero
moltiplicate a fiumi.
-Andate e
moltiplicatevi! - urlai con quanto fiato avevo in corpo.
Le voce mi
morì in gola osservando atterrito lo scempio che uno stormo
di gabbiani fece delle mie creature.
E allora compresi
che era inutile piangere. A che serviva? No, non dovevo piangere,
dovevo vendicarmi.
Quanti
giorni erano passati? Sessanta, settanta? Tirullallero lallero
lallà...Avrei sterminato tutti i gabbiani dell'isola. Non
me ne sarei andato finché non fossi stato io a digerire
loro... Tirullallero lallero lallà... Mi sarei appollaiato
come un'aquila e li avrei attesi al varco, avrei imparato a volare
come una fregata... Tirullallero lallero lallà... chi se
ne frega del tempo che passa?... Tirullallero lallero lallà...