Palermo,
Palermo
di Enrica Paresce
-
Vuoi fare a cambio con me con il volo per Milano?
- Per andare in Sicilia!!! Ma certo!!
Gabriella sorrise felice, adorava la Sicilia, e a Palermo poi
il ristorante dove di solito andava con il resto dell'equipaggio
era veramente ottimo!
Sformato di anellini e un'enorme aragosta!! Non vedeva l'ora!
Era anche un posto interessante, già due volte avevano
incontrato un personaggio, un personaggio ecco, uno di quelli
che in quegli ultimi mesi si trovava costantemente sulla prima
pagina dei giornali nazionali.
Non un semplice attore o un cantante ma qualcosa di piú.
Una presenza inquietante, ma estremamente affascinante, soprattutto
per una diciottenne come lei assetata di avventure.
L'aereo brillava al sole di maggio mentre si avviava verso la
pista.
Si sentiva perfettamente in forma nella graziosa divisa da hostess
che si era fatta fare su misura da uno dei sarti migliori della
capitale. La piccola bustina blu inclinata sui morbidi riccioli
neri e il rossetto rosso fuoco sulle labbra piene completavano
la sua snella figurina energica.
Ogni volta che si piazzava alla scaletta ad accogliere i passeggeri
si sentiva una vera regina. Altro che i laboratori in cui, sino
a qualche anno prima, ricamava camice da notte e biancheria fiorentina,
per contribuire alle finanze della sua famiglia, disastrate dagli
ultimi terribili anni di guerra.
Due alti funzionari che spesso prendevano quel volo le sorrisero
e le rivolsero allegri complimenti prima di salire a bordo.
Gabriella spuntò meticolosamente i loro nomi dal brogliaccio
di bordo.
Polizia... poteva immaginare senza alcuna fatica perché
quei due si stessero recando di nuovo in Sicilia.
Proseguí il suo lavoro sempre attenta a distribuire sorrisi
e frasi cordiali, poi salí a bordo anche lei, segnalando
al responsabile a terra che l'aereo era al completo.
In effetti non era molto affollato, solo una manciata di posti
occupati, ma cosa si poteva pretendere nel 1949?
Le era capitato addirittura di partire con un solo passeggero!
Osservò la passerella allontanarsi dallo scafo e con un
ultimo cenno di saluto chiuse con tutta la sua giovanile energia
lo sportello.
Percorse l'aereo sorridendo per assicurarsi che tutti fossero
ai loro posti ben legati con le cinture di sicurezza, si prodigò
a spiegare ogni mistero aereo con l’aria seria di una sacerdotessa,
e poi diede l'ok al comandante e si mise a sedere.
Qualche minuto dopo la partenza era già al lavoro per fornire
ristoro ai passeggeri.
Terminato anche quel compito si permise di scambiare quattro chiacchiere
con quegli alti funzionari di polizia che spesso usufruivano della
linea Roma Palermo - Palermo Roma.
-
Di nuovo verso la Sicilia! -
- E si signorina il dovere ci chiama... -
- Immagino che il dovere si chiami Salvatore Giuliano - celiò
Gabriella con un sorriso malizioso
I suoi grandi occhi castani sfavillavano di eccitazione.
- Temo proprio di sí... quel bandito sembra essere fatto
di mercurio, non c'è verso di assicurarlo alla giustizia.
- Sospirò il piú anziano dei due uomini.
- Eppure... eppure ecco... a me è stato indicato un uomo,
e in effetti somigliava molto alle foto che si vedono sui giornali.
Al ristorante dove spesso ci fermiamo a mangiare noi dell'equipaggio.
Un posto non particolarmente elegante secondo gli standard di
Roma o di Milano certo! Ma una cucina davvero ottima, abbiamo
fatto certe scorpacciate di pasta con le sarde e di caponata...
per non parlare del pesce, davvero freschissimo. Comunque anche
il cameriere ci ha confermato che si trattava di lui, di Giuliano,
e sosteneva che viene spesso a mangiare da loro. -
Gabriella era talmente eccitata da quella storia che non si accorse
affatto dello sguardo d'intesa che passò fra i due uomini.
- In effetti io stessa l'ho visto un paio di volte, sempre in
compagnia di signore di un certo livello. Cioè, voglio
dire, non so esattamente di chi si trattasse, ma chiaramente non
erano delle contadine! Devo dire che mi sono chiesta spesso come
mai sia cosí difficile per le forze dell'ordine catturarlo
visto che si fa vedere cosí frequentemente in posti pubblici.
-
- E signorina, non è così semplice. Bisognerebbe
organizzare una trappola per quel bandito. -
L'uomo piú giovane le sorrise scuotendo il capo.
- Ma non è facile farlo, in Sicilia la gente ha paura.
Difficilmente qualcuno si lascerebbe convincere a collaborare
con la polizia. Per paura di ritorsioni, capisce? -
- Ma un cittadino onesto dovrebbe impegnarsi a far qualcosa. I
suoi crimini stanno riempiendo i giornali ogni giorno di piú!
-
Gabriella si incupì, dopo tutto a casa sua durante la guerra
sua madre aveva rischiato la vita di tutta la famiglia accogliendo
gente ricercata dai tedeschi. La mancanza di coraggio dei siciliani
la stupiva e la offendeva. Quando lei era solo una ragazzina aveva
avuto il coraggio di affrontare il comando dei tedeschi per chiedere
la liberazione della sua anziana zia che aveva dato in escandescenze
quando una pattuglia di SS aveva effettuato una perquisizione
a casa loro ed era stata portata via.
E ora doveva sentirsi dire che degli italiani non avevano il coraggio
di aiutare le forze dell'ordine? ma dove si sarebbe andati a finire?
- Ci vorrebbe una donna, una donna molto coraggiosa e molto bella,
perché al bandito le donne belle piacciono molto, e soprattutto
se sono di buona famiglia come ha notato anche lei signorina.
-
- Lei pensa che si potrebbe organizzare una trappola? In effetti,
magari con una lettera appassionata in cui si richiede un incontro,
a quello stesso ristorante. Ma dovrebbe trattarsi di qualcosa
di credibile. -
Gabriella rifletté pensosa, ma non piú di un minuto
in effetti.
L’idea di sedurre un bandito e farlo catturare le appariva
incantevole, una trama da film con lei come protagonista.
- Dovrebbe certamente essere molto carina,come lei per esempio,
e poi ci dovrebbe essere una scusante valida. Una ragione di questo
invaghimento improvviso. Dovrebbe essere una donna che ha visto
il bandito e ne è rimasta affascinata. E che lui sia sicuro
che questo è accaduto davvero. -
- Se voi pensate che si possa fare. Io penso, ecco penso che potrei
prestarmi per fare da esca – mormorò Gabriella intenta
ad immaginarsi la trama di quella avventura.
- Non dovrebbe preoccuparsi di niente, noi la proteggeremo. -
- Certamente! E poi naturalmente sarebbe sua la taglia posta su
quel bandito.
Gabriella si ritrasse con aria indignata. Soldi!? Poi socchiuse
gli occhi pensosa, soldi.. non sarebbe stata una brutta cosa in
fondo, avrebbe potuto comprarsi una pelliccia magari.
Erano passate due settimane si era in giugno e iniziava a far
caldo davvero soprattutto a Palermo su cui stagnava un coltre
di afa spessa e ferma.
Gabriella sorrise allo specchio della toilette dell’aereo
sistemandosi i capelli freschi di parrucchiere.
Il resto dell’equipaggio si stava preparando per andare
a mangiare qualcosa. Il capitano appassionato di caccia subacquea
aveva convinto tutti ad andare a Cefalù per una giornata
di sole e mare.
Era rimasto molto deluso quando lei aveva declinato l’invito
con la scusa di un impegno improrogabile. Le stava insegnando
ad usare l’arpione e lei si era rivelata una delle sue allieve
piú entusiaste, a giugno avevano passato una giornata all’isola
delle femmine prima di rientrare a Roma e Gabriella aveva vinto
la gara a chi pescava piú saraghi.
In effetti andare sott’acqua era veramente eccitante, ma
quel giorno aveva qualcosa di ancora piú elettrizzante
da fare.
Scivolò rapida sotto l’ala del Fiat n°212 che
attendeva di essere ripulito e sistemato per il ritorno e proseguí
stando ben attenta a non sciupare i tacchi affilati delle scarpette
alte verso la macchina che l’attendeva.
Aveva il cuore che le batteva a mille.
Guardò dal finestrino il sole che scintillava sul mare,
la conca di Palermo verde e luminosa, la mole familiare di monte
Pellegrino che abbracciava il golfo.
Era una giornata perfetta.
Ripassò le mosse da compiere.
Doveva
semplicemente entrare nel ristorante e sistemarsi al tavolo riservato
per lei (le avevano detto che non sarebbe neppure stato necessario
dire chi aveva riservato il tavolo!) avendo l’accortezza
di mettersi un po’ all’interno, non proprio sul parapetto
della terrazza sollevata che garantiva una bella visuale sulla
città.
“Lui” non sarebbe stato lí ad attenderla, cosí
avevano asserito.
Quindi avrebbe avuto anche il tempo di concedersi un piccolo aperitivo.
Ci sarebbe voluto qualcosa di forte forse, ma no, no, non era
il caso. Doveva essere lucida e lei non reggeva per nulla l’alcool.
Si sarebbe limitata ad una spremuta di arance o qualcosa di simile
e qualche stuzzichino.
Poi lui sarebbe arrivato.
Sicuramente sarebbe stato scortato dai suoi picciotti, quei ragazzotti
dalla faccia dura che lo accompagnavano sempre. Vi erano per lo
meno quattro o cinque stradine che portavano al ristorante quindi
era un po’ difficile sapere da dove sarebbe arrivato.
I carabinieri sarebbero intervenuti solo quando avesse varcato
le porte del ristorante.
Se si fosse venuti allo scontro armato, cosa molto difficile,
secondo i due signori che avevano organizzato tutto, lei si sarebbe
dovuta limitare a chinarsi sotto il tavolino come per sistemarsi
una scarpa.
Dopo di ché l’avrebbero riaccompagnata in aeroporto,
e naturalmente a Roma poi avrebbero provveduto a segnalare il
suo comportamento eroico, magari una medaglia al valor civile,
oltre alla ricompensa, e chissà sarebbe potuta diventare
famosa, sorrise fra sé immaginandosi davanti al capo dello
stato che elogiandone il coraggio le offriva una medaglia e un’enorme
mazzo di rose scarlatte.
Era tutto cosí semplice.
Si accorse di stare canticchiando “Conosci mia cugina? Che
tipo originale…” solo quando l’autista girò
un attimo la testa per guardarla attraverso lo specchietto retrovisore,
riuscendo a stento ad arginare una risata tacque e si lasciò
andare alla morbidezza del sedile senza piú guardare fuori
i finestrini, tutta presa dai suoi sogni.
Un leggera stretta allo stomaco la scosse.
Fame.
Fame nervosa?
In effetti era partita molto presto da casa quella mattina. Piú
che altro quella sembrava fame-fame.
Avrebbe potuto chiedere un arancino al ristorante, o un piatto
di stuzzichini piú variati. Certo se avesse potuto ordinare
subito un bel piatto di pasta con le melanzane, o ancor meglio
una pepata di cozze. Ma non sarebbe stato il caso.
E poi era meglio non pensare a questo, no, no, no, eventualmente
sarebbe andata a mangiare dopo, dopo aver concluso trionfalmente
la sua missione.
Sicuramente l’avrebbero scortata con tutti gli onori in
qualche altro ristorante.
Oppure, oppure sarebbe potuta andare da Dagnino al Politeama,
a prendersi un bel cannolo, o una granita con panna e una splendida
brioche.
O basta, basta pensare al cibo o avrebbe finito col diventare
con la prima capo hostess con cui aveva lavorato, il suo primo
volo… finito con un atterraggio di fortuna in mezzo ad un
campo arato. Un avventura meravigliosa nonostante il fango che
le aveva distrutto le scarpe e le preziose calze di nailon nuove
e la puzza di concime.
Era stato davvero stupendo. Come un film. Almeno per lei, la signorina
Luigia invece, aveva continuato a esclamare “manciare, manciare”
in quel suo strano accento da mezzaustriaca sino a che non era
riuscita a farsi passare la paura al ristorante spazzolando tutto
quello che le veniva messo davanti. Era stata una scena davvero
ridicola!
La macchina si fermò, all’autista annuì alla
sua domanda: come era stato concordato avrebbe atteso nella traversa
dietro il ristorante.
Gabriella scese quasi di corsa con il volto raggiante di aspettativa.
Salí lentamente le scale che avrebbe voluto saltare come
una gazzella e attraversò rapidamente la sala interna,
un cameriere comparve dal nulla e l’accompagnò cerimoniosamente
ad uno dei tavolo esterni sulla terrazza panoramica e lei si sedette
fiera come una regina.
Da quel posto riusciva a vedere tutta la piazza di fronte. Le
poche macchine, i carrettini colorati pieni di ortaggi, e poi
oltre uno spicchio di mare.
Ordinò un aperitivo analcolico scartando la spremuta che
le pareva poco adatta al ruolo eroico che stava interpretando
e osservò con distacco il resto dei clienti.
Stava gustando un piattino di fritti di mare, deliziosamente friabili
e croccanti quando udí lo stridio dei freni di un auto
in corsa, un suono orribile che rimbalzando per le strade strette
le ferí le orecchie.
Un attimo dopo era già accoccolata indecorosamente sotto
il tavolo mentre il suono secco dei proiettili di un mitra si
mischiava alle urla degli avventori e dei camerieri e al rumore
di sedie rovesciate e bicchieri e piatti in frantumi.
Non si capacitò di come fosse arrivata alla macchina che
l’attendeva, notò quasi di sfuggita un lieve inarcarsi
delle sopracciglia dell’autista e mantenne la presa sulla
maniglia della portiera per tutto il tragitto sino all’aeroporto,
pronta a gettarsi giú dalla macchina se questa non avesse
seguito la strada che lei ben conosceva.
Dopo mezz’ora il tremolio rassicurante di un aereo pronto
a rullare sulla pista di partenza la cullava.
Per fortuna la collega di turno era stata ben felice di potersi
attardare qualche ora in piú.
Con un sospiro Gabriella lasciò cadere accanto a se la
borsa con i documenti del viaggio.
Non aveva idea di coa fosse effettivamente accaduto. E non voleva
neppure saperlo.
Ne sarebbe passato parecchio di tempo prima di rimetter piede
in Sicilia, questo era certo. Pensò alle parole caustiche
con cui l’avrebbe apostrofata suo padre se fosse venuto
a conoscenza di quella sua follia e sospirò.
Sentiva ancora in bocca il sapore dell’antipasto che aveva
potuto solo assaggiare. Chissà quando le sarebbe capitato
di gustare di nuovo la pasta con le sarde e la mollica.