1) "Rue d'Enfer"
2) "Affaccia bedda"
3 ) "Grande strada di Philadelphia"

4) "Lettera dall'inferno"
4 ) "Era una bellissima giornata"

6) "Inferno nelle viscere"
7) "L'inferno dentro"
8) "Lo specchio dell'anima"
9) "L'ubriaco"
10) "Selena"
 
 

 

 

 

"Inferno"

Una bellissima giornata

di ...

E’ una bellissima giornata di vento e di sole. Le donne per strada abbandonano le gonne e i capelli al gioco del mistral o del khamsin. E’ una bellissima giornata di sole e di vento che copre distanze come fosse gazzella. E’ una meravigliosa e splendente giornata da guardare dal tram come un film che si srotola. Un mare di facce di diverse e lontane anni-luce dentro i propri pensieri. Di occhi velati e distanti, di nasi arricciati, di nuche pervicacemente girate.
E’ una giornata di nitore glaciale, le case sbalzano dalle vie come altorilievi da un portale e in questo tram che corre su rotaie sfavillanti, verso un capolinea tendente all’infinito, non c’è una sola persona che abbia voglia di parlare. Tutti imbozzolati nel loro “muro di rumore” con cuffie, libri, giornali, auricolari, telefonini … tutti gli schermi necessari per tenere gli altri a bada. Io sono “l’altro” e in questa bellissima giornata di sole e di vento, questa puzza di piscio , questo tanfo acido di urina mi appartiene: è mio. Miei sono i sacchetti affastellati tra le mie gambe che raccolgono la mia vita e le sue scorie, miei questi abiti vissuti e di strappi decorati, mio lo schifo che crea il vuoto tra le loro esistenze e “l’altro”, mio lo sguardo di terrore con cui guardo, perché i miei occhi hanno visto l’inferno.

Il diavolo veste in doppiopetto blu e cravatta a pallini in tinta e si diffonde ovunque tramite onde elettromagnetiche. Non c’è salvezza. Il diavolo c’è: sorride e ha un aria affabile. Dissimula le corna con grande dignità, ma quando anche le vedessi direbbe che “trattasi di antenne”. Il diavolo è tra noi, ci assomiglia. Beh, certo un po’ più pallido: un Giapeto, senza dubbio! “Na potò makambo ebele”. L’Europa è dura da vivere! Ma non mi aspettavo così dura. Un inferno! Ho passato tutti i gironi, uno per uno. Sono sceso sempre di più nella scala dei valori: nato uomo libero, finisco in schiavitù i miei giorni. Certo, che si vuole pretendere vendendo l’anima al diavolo? Ma l’alternativa qual era? Se l’Europa è dura la domanda è: “avete mai provato l’Africa?” Avete mai provato a vivere lungo le sponde del fiume Congo? “Jour wuana may makassì / natika ka mboka nangay /
naya eba sanganurya“. Un giorno di sole / ho lasciato la mia terra e la mia gente / pensavo potesse essere facile … ma l’Europa è dura da vivere. Na potò makambo ebele!

"Risalire lungo quel fiume era come viaggiare all’indietro nel tempo verso i più remoti primordi del mondo, quando la vegetazione tumultuava sulla terra, e alberi immensi stavano come imperatori ... Una fiumana deserta, un altissimo silenzio, una foresta impenetrabile...Nessuna gaiezza nello splendore abbagliante del sole. L’ampia via fluviale si stendeva in lunghi tratti deserti, che andavano a perdersi entro cupe lontananze oppresse di ombra...E per un momento mi parve quasi d’essere sepolto anch’io in una tomba vasta, piena di impossibili segreti. Sentivo un peso intollerabile che mi opprimeva il petto, un odore di terra madida, la presenza invisibile di una corruzione trionfante, la tenebra...Vivere nel mezzo dell’incomprensibile che è anche detestabile. E tutto ciò possiede per di più un certo fascino...Il fascino dell’abominevole." Scriveva così il vostro Conrad. E aggiungeva: “In Africa non vi sono confini tra la vita e la morte”. Vero. Tutto vero. Il problema è che nemmeno in Europa c’è questo confine. Siamo oltre. Siamo nella morte.

Anime morte si aggirano per le strade delle città del nord. Non hanno remore, non hanno scopo: il consumo, il possesso. Dei beni o dei corpi, è uguale. E’ una bellissima giornata di sole e di vento, ma na potò makambo ebele. L’Europa è sempre più dura da vivere, ma è dura anche per morirci. Vorrei almeno morire lungo le sponde del mio fiume che si beve tutto gli altri fiumi. Il Congo è un paese difficile, che opprime e deprime. Il Congo fa parte dell’essenza dell’Africa, è nel suo midollo e nel suo cuore... E’ una terra di dolore, di rabbia. Non è l’Africa dei safari turistici e delle tende da campo all’aria aperta. Non è l’Africa del ruggito orgoglioso del leone sugli altipiani infiniti (bellissima anche quella, peraltro). Potrei camminare in una sentiero sulle sponde, tra l’erba alta e sentire l’orchestra sonora delle rane, sotto un cielo punteggiato di stelle. Magari essere morso da un serpente e trovare così la fine al mio cammino da anima inquieta, il termine di questa sospensione in continuo movimento. I gironi dell’inferno: il primo è l’inferno economico, quando i soldi non bastano nemmeno per cominciare e il lavoro non ha né turni né ritmi, né logiche o premi. Il lavoro è svuotare il mare con un cucchiaio. E in cambio ti tocca il cucchiaio!

Il secondo girone è il sesso. Per arrotondare, per racimolare quello che ti serve non hai che un strada, dopo aver venduto le tue braccia, vendere il tuo corpo. E non importa a chi: uomini, donne, coppie sposate, gente in caccia di avventura, dell’esotico… “Ma è vero che ce l’hai più grande? Ma è davvero nero? E dentro ancora più rosa o sembra solo? Lo posso toccare? Oh … ma non pensavo così … Sì, ma senti che odore di … selvatico. Chissà di che colore è quando viene? Cappuccino? Una vita vuota che si svuota ancora di più. Assieme a gente che di te non sa che farne. Le frasi sono sempre quelle. La fretta dopo non ha limiti. Credetemi, è meglio per tutti. Meglio essere pagati prima e poi via, ancora umidi, senza lavarsi. Aids? Da noi si muore eccome. Qui si crede di essere protetti. Dai soldi, forse.

Il terzo girone è la vendita dell’anima. Da qui in poi comincia la fiera dell’anima. Quando hai venduto tutto e non ti resta altro non c’è che la tua anima da vendere. Paradossalmente è incorporea, ma la pagano più del corpo. O delle braccia. Ah, dimenticavo: non c’è nessun inferno dove ti chiedano di usare la testa, il cervello. Forse quello è il paradiso.

La vendita dell’anima occupa più gironi: la droga. Fare i “cavalli” della “roba” rende bene e il rischio è poco. Tanto sono tutti d’accordo. Tra il potere e il potere economico. Basta chiudere gli occhi e non pensare. Il cervello non è un optional: è un fastidioso vuoto a perdere. Mi sento come i rinnegati indiani quando uccidevano le loro tribù distribuendo l’alcool avuto dai bianchi. Ci sono sempre dei bianchi che “diffondono la peste del secolo” e degli uomini di colore che lo fanno per loro. E c’è sempre un cattivo finale.

Il passo alla malavita organizzata è breve: se la vita umana non ha più valore cosa ci può fermare? La nostra forse ha un qualche valore? Vale la pena di bruciarsela a un tanto al giorno? Quando si può fare un grande falò e bruciare tutto quanto in una notte sola? O la va o la spacca. Rapine nelle ville. Nei negozi. Nelle banche. E infine l’omicidio. Sempre su commissione. Ci sporchiamo noi le mani per chi non vuole farlo. D’altra parte non è così anche nei cantieri? O a raccogliere i pomodori? O a fare gli spazzini? Siamo sempre noi. “Gli spazzini di Babele” dovrebbero chiamarci. Si sentono parlare dieci/dodici lingue diverse nei nostri equipaggi. Non ci capiamo neanche tra di noi. L’unico mezzo di comprensione è quel po’ o quel tanto di italiano che uno impara. E sporchiamoci le mani in grande allora! Si guadagna di più. Ma l’anima? Eh sì, alla fine le anime non ci sono più: consunte, consumate, sprecate, bruciate, gettate …

Immagini del Congo, il fiume intendo: migliaia di chilometri di acqua e di magia. C’è un’ora che precede il tramonto in cui le luci e i colori aumentano di intensità, quasi fino a scolpire il cielo. Nuvole fosforescenti si miscelano con la nebbia ovattata che sale dall’acqua e, in certi momenti, può sembrare di trovarsi il cielo sotto i piedi. Poi, all’improvviso cala la notte. Cala come una tela di fine atto. Nera. Rapida, Violenta. Una notte assoluta se non è rotta dalla luce della luna. E poi, esce dalla nebbia dell’alba, una mattina calda sotto un sole giallo che scotta cattivo, ma sempre meno cattivo delle zanzare della sera. No, la vita è dura anche lì. Viviamo in media 35 anni e … ora di sera ne abbiamo già le palle piene! Come le farfalle o le falene.

Ma in questa bellissima giornata di sole e di vento, mentre il tram corre sempre più rapido dalla periferia al centro della città, come una falena me ne andrò, ma in una grande fiammata. Un botto solo che porti via me, il tram, la mia compagnia di cadaveri e tutta la piazza del centro, gremita per gli acquisti di Natale. Faremo un gran botto col nostro tritolo. Fuochi d’artificio per Natale! E daranno la colpa alla religione, alla lotta tra le culture… No, questo è fuoco che esce dall’inferno e che, come fiamma purificatrice, arriva a bruciare tutti quelli che mi hanno mangiato l’anima e fatto precipitare nell’inferno. Non so nemmeno cosa sia l’Islam, io. Sono stato allevato in una missione cattolica. Ho fatto le scuole coi preti. Conosco i comandamenti e i vostri demoni. Io sono un “vostro” prodotto! Non sono “l’altro”, non sono l’alieno! Non girate più i vostri sguardi! Guardatemi almeno nel gelo e nella fissità estrema della morte. Vi ho risparmiato lo scoppio: vi ho ucciso tutti prima. Senza chiedervi permesso, senza staccarvi dai vostri telefonini, senza fermare la vostra musica. Ho sparato. Una raffica sola è bastata: compreso il guidatore. No, lo dirò meglio, conosco la lingua: il manovratore. Sì, mi sono pisciato addosso dal terrore e dall’orgasmo. Ora corro su un tram senza freni, come bomba gettata dall’inferno contro un mondo di demoni. Imbottito di tritolo a sufficienza per scuotere le coscienze. Ultimo viaggio, ultima corsa. Niente biglietti! Sarò il vostro Caronte gratuito, il traghettatore per l’inferno.

Era una bellissima giornata di sole e di vento … però mi ha ferito enormemente nell’orgoglio essere esploso contro un chiosco di giornali!