Una
bellissima giornata
di ...
E’
una bellissima giornata di vento e di sole. Le donne per strada
abbandonano le gonne e i capelli al gioco del mistral o del khamsin.
E’ una bellissima giornata di sole e di vento che copre
distanze come fosse gazzella. E’ una meravigliosa e splendente
giornata da guardare dal tram come un film che si srotola. Un
mare di facce di diverse e lontane anni-luce dentro i propri pensieri.
Di occhi velati e distanti, di nasi arricciati, di nuche pervicacemente
girate.
E’ una giornata di nitore glaciale, le case sbalzano dalle
vie come altorilievi da un portale e in questo tram che corre
su rotaie sfavillanti, verso un capolinea tendente all’infinito,
non c’è una sola persona che abbia voglia di parlare.
Tutti imbozzolati nel loro “muro di rumore” con cuffie,
libri, giornali, auricolari, telefonini … tutti gli schermi
necessari per tenere gli altri a bada. Io sono “l’altro”
e in questa bellissima giornata di sole e di vento, questa puzza
di piscio , questo tanfo acido di urina mi appartiene: è
mio. Miei sono i sacchetti affastellati tra le mie gambe che raccolgono
la mia vita e le sue scorie, miei questi abiti vissuti e di strappi
decorati, mio lo schifo che crea il vuoto tra le loro esistenze
e “l’altro”, mio lo sguardo di terrore con cui
guardo, perché i miei occhi hanno visto l’inferno.
Il
diavolo veste in doppiopetto blu e cravatta a pallini in tinta
e si diffonde ovunque tramite onde elettromagnetiche. Non c’è
salvezza. Il diavolo c’è: sorride e ha un aria affabile.
Dissimula le corna con grande dignità, ma quando anche
le vedessi direbbe che “trattasi di antenne”. Il diavolo
è tra noi, ci assomiglia. Beh, certo un po’ più
pallido: un Giapeto, senza dubbio! “Na potò makambo
ebele”. L’Europa è dura da vivere! Ma non mi
aspettavo così dura. Un inferno! Ho passato tutti i gironi,
uno per uno. Sono sceso sempre di più nella scala dei valori:
nato uomo libero, finisco in schiavitù i miei giorni. Certo,
che si vuole pretendere vendendo l’anima al diavolo? Ma
l’alternativa qual era? Se l’Europa è dura
la domanda è: “avete mai provato l’Africa?”
Avete mai provato a vivere lungo le sponde del fiume Congo? “Jour
wuana may makassì / natika ka mboka nangay /
naya eba sanganurya“. Un giorno di sole / ho lasciato la
mia terra e la mia gente / pensavo potesse essere facile …
ma l’Europa è dura da vivere. Na potò makambo
ebele!
"Risalire
lungo quel fiume era come viaggiare all’indietro nel tempo
verso i più remoti primordi del mondo, quando la vegetazione
tumultuava sulla terra, e alberi immensi stavano come imperatori
... Una fiumana deserta, un altissimo silenzio, una foresta impenetrabile...Nessuna
gaiezza nello splendore abbagliante del sole. L’ampia via
fluviale si stendeva in lunghi tratti deserti, che andavano a
perdersi entro cupe lontananze oppresse di ombra...E per un momento
mi parve quasi d’essere sepolto anch’io in una tomba
vasta, piena di impossibili segreti. Sentivo un peso intollerabile
che mi opprimeva il petto, un odore di terra madida, la presenza
invisibile di una corruzione trionfante, la tenebra...Vivere nel
mezzo dell’incomprensibile che è anche detestabile.
E tutto ciò possiede per di più un certo fascino...Il
fascino dell’abominevole." Scriveva così il
vostro Conrad. E aggiungeva: “In Africa non vi sono confini
tra la vita e la morte”. Vero. Tutto vero. Il problema è
che nemmeno in Europa c’è questo confine. Siamo oltre.
Siamo nella morte.
Anime
morte si aggirano per le strade delle città del nord. Non
hanno remore, non hanno scopo: il consumo, il possesso. Dei beni
o dei corpi, è uguale. E’ una bellissima giornata
di sole e di vento, ma na potò makambo ebele. L’Europa
è sempre più dura da vivere, ma è dura anche
per morirci. Vorrei almeno morire lungo le sponde del mio fiume
che si beve tutto gli altri fiumi. Il Congo è un paese
difficile, che opprime e deprime. Il Congo fa parte dell’essenza
dell’Africa, è nel suo midollo e nel suo cuore...
E’ una terra di dolore, di rabbia. Non è l’Africa
dei safari turistici e delle tende da campo all’aria aperta.
Non è l’Africa del ruggito orgoglioso del leone sugli
altipiani infiniti (bellissima anche quella, peraltro). Potrei
camminare in una sentiero sulle sponde, tra l’erba alta
e sentire l’orchestra sonora delle rane, sotto un cielo
punteggiato di stelle. Magari essere morso da un serpente e trovare
così la fine al mio cammino da anima inquieta, il termine
di questa sospensione in continuo movimento. I gironi dell’inferno:
il primo è l’inferno economico, quando i soldi non
bastano nemmeno per cominciare e il lavoro non ha né turni
né ritmi, né logiche o premi. Il lavoro è
svuotare il mare con un cucchiaio. E in cambio ti tocca il cucchiaio!
Il
secondo girone è il sesso. Per arrotondare, per racimolare
quello che ti serve non hai che un strada, dopo aver venduto le
tue braccia, vendere il tuo corpo. E non importa a chi: uomini,
donne, coppie sposate, gente in caccia di avventura, dell’esotico…
“Ma è vero che ce l’hai più grande?
Ma è davvero nero? E dentro ancora più rosa o sembra
solo? Lo posso toccare? Oh … ma non pensavo così
… Sì, ma senti che odore di … selvatico. Chissà
di che colore è quando viene? Cappuccino? Una vita vuota
che si svuota ancora di più. Assieme a gente che di te
non sa che farne. Le frasi sono sempre quelle. La fretta dopo
non ha limiti. Credetemi, è meglio per tutti. Meglio essere
pagati prima e poi via, ancora umidi, senza lavarsi. Aids? Da
noi si muore eccome. Qui si crede di essere protetti. Dai soldi,
forse.
Il
terzo girone è la vendita dell’anima. Da qui in poi
comincia la fiera dell’anima. Quando hai venduto tutto e
non ti resta altro non c’è che la tua anima da vendere.
Paradossalmente è incorporea, ma la pagano più del
corpo. O delle braccia. Ah, dimenticavo: non c’è
nessun inferno dove ti chiedano di usare la testa, il cervello.
Forse quello è il paradiso.
La
vendita dell’anima occupa più gironi: la droga. Fare
i “cavalli” della “roba” rende bene e
il rischio è poco. Tanto sono tutti d’accordo. Tra
il potere e il potere economico. Basta chiudere gli occhi e non
pensare. Il cervello non è un optional: è un fastidioso
vuoto a perdere. Mi sento come i rinnegati indiani quando uccidevano
le loro tribù distribuendo l’alcool avuto dai bianchi.
Ci sono sempre dei bianchi che “diffondono la peste del
secolo” e degli uomini di colore che lo fanno per loro.
E c’è sempre un cattivo finale.
Il
passo alla malavita organizzata è breve: se la vita umana
non ha più valore cosa ci può fermare? La nostra
forse ha un qualche valore? Vale la pena di bruciarsela a un tanto
al giorno? Quando si può fare un grande falò e bruciare
tutto quanto in una notte sola? O la va o la spacca. Rapine nelle
ville. Nei negozi. Nelle banche. E infine l’omicidio. Sempre
su commissione. Ci sporchiamo noi le mani per chi non vuole farlo.
D’altra parte non è così anche nei cantieri?
O a raccogliere i pomodori? O a fare gli spazzini? Siamo sempre
noi. “Gli spazzini di Babele” dovrebbero chiamarci.
Si sentono parlare dieci/dodici lingue diverse nei nostri equipaggi.
Non ci capiamo neanche tra di noi. L’unico mezzo di comprensione
è quel po’ o quel tanto di italiano che uno impara.
E sporchiamoci le mani in grande allora! Si guadagna di più.
Ma l’anima? Eh sì, alla fine le anime non ci sono
più: consunte, consumate, sprecate, bruciate, gettate …
Immagini
del Congo, il fiume intendo: migliaia di chilometri di acqua e
di magia. C’è un’ora che precede il tramonto
in cui le luci e i colori aumentano di intensità, quasi
fino a scolpire il cielo. Nuvole fosforescenti si miscelano con
la nebbia ovattata che sale dall’acqua e, in certi momenti,
può sembrare di trovarsi il cielo sotto i piedi. Poi, all’improvviso
cala la notte. Cala come una tela di fine atto. Nera. Rapida,
Violenta. Una notte assoluta se non è rotta dalla luce
della luna. E poi, esce dalla nebbia dell’alba, una mattina
calda sotto un sole giallo che scotta cattivo, ma sempre meno
cattivo delle zanzare della sera. No, la vita è dura anche
lì. Viviamo in media 35 anni e … ora di sera ne abbiamo
già le palle piene! Come le farfalle o le falene.
Ma
in questa bellissima giornata di sole e di vento, mentre il tram
corre sempre più rapido dalla periferia al centro della
città, come una falena me ne andrò, ma in una grande
fiammata. Un botto solo che porti via me, il tram, la mia compagnia
di cadaveri e tutta la piazza del centro, gremita per gli acquisti
di Natale. Faremo un gran botto col nostro tritolo. Fuochi d’artificio
per Natale! E daranno la colpa alla religione, alla lotta tra
le culture… No, questo è fuoco che esce dall’inferno
e che, come fiamma purificatrice, arriva a bruciare tutti quelli
che mi hanno mangiato l’anima e fatto precipitare nell’inferno.
Non so nemmeno cosa sia l’Islam, io. Sono stato allevato
in una missione cattolica. Ho fatto le scuole coi preti. Conosco
i comandamenti e i vostri demoni. Io sono un “vostro”
prodotto! Non sono “l’altro”, non sono l’alieno!
Non girate più i vostri sguardi! Guardatemi almeno nel
gelo e nella fissità estrema della morte. Vi ho risparmiato
lo scoppio: vi ho ucciso tutti prima. Senza chiedervi permesso,
senza staccarvi dai vostri telefonini, senza fermare la vostra
musica. Ho sparato. Una raffica sola è bastata: compreso
il guidatore. No, lo dirò meglio, conosco la lingua: il
manovratore. Sì, mi sono pisciato addosso dal terrore e
dall’orgasmo. Ora corro su un tram senza freni, come bomba
gettata dall’inferno contro un mondo di demoni. Imbottito
di tritolo a sufficienza per scuotere le coscienze. Ultimo viaggio,
ultima corsa. Niente biglietti! Sarò il vostro Caronte
gratuito, il traghettatore per l’inferno.
Era
una bellissima giornata di sole e di vento … però
mi ha ferito enormemente nell’orgoglio essere esploso contro
un chiosco di giornali!