Le
mostrine e le stelle
di Giorgio Maimone
"Gli
avevano dato le mostrine e le stelle
E il consiglio di vendere cara la pelle
Ma lei che lo amava
Aspettava il ritorno
Di un soldato vivo,
di un eroe morto
che ne farà?
Se accanto nel letto le è rimasta la gloria
Di una medaglia alla memoria".
Clic
"Ma non
puoi continuare a sentire sempre questa! Potresti anche cambiare
disco!"
"Potrei. Forse il fatto è che non voglio".
L'uomo riprende a camminare per la stanza. Nervoso. La ragazza
si asciuga i capelli frizionandoli vigorosamente con l'asciugamano.
Un altro asciugamano, legato attorno al petto era tutto il suo
vestire. Le curve generose faticano a restare coperte. Di lato,
lo spacco che si apre mostra delle cosce sode e abbronzate, tipiche
di chi ha fatto danza o tanto sport. Dall'alto il seno spinge
rumorosamente contro il bordo per affacciarsi e reclamare la sua
parte d'attenzione. Ma l'uomo non guarda. Cammina nervoso, torcendosi
le mani, mentre dall'esterno le luci al neon dell'Hotel Florida
(che nome pomposo per quella topaia! Non Florida, quello poteva
anche starci. Hotel era pomposo!) tratteggiano espressioni colorate
sulle facce dei due e strani guazzi futuristi sulle pareti della
stanza.
"Dai, vestiti che è tardi. Se non usciamo in fretta
non troviamo più un solo posto che ci dia da mangiare"
"Arrivo"
E dicendolo si alza lasciando cadere il telo che la copriva a
stento, rinunciando agli ultimi spiccioli di pudore. L'uomo non
puo' fare a meno di osservarla ammirato. La ragazza gli passa
vicino e, arrivata a tiro, non rinuncia ad abbracciarlo e a strusciarglisi
contro. Con le mani intrecciate dietro la nuca di lui, proiettandosi
indietro con la testa per lasciare scivolare verso terra i lunghi
capelli biondi ma con il ventre ben aderente al pube surriscaldato
dell'uomo gli sussurra:"In fondo è inutile, dai…
Perché continuare a scappare? Non possiamo continuare a
passare di motel in motel, di città in città. Fermiamoci
e affrontiamo la situazione"
L'uomo la allontana tenendola per i fianchi, quasi con precauzione,
come avesse paura di romperla o con il ribrezzo con cui si allontano
cose sporche. Non risponde, ma si reca a controllare il funzionamento
della Mauser silenziata. Il colpo era in canna, la sicura levata.
Ripone la pistola nel comodino e senza girarsi a guardarla un'altra
volta le ringhia: "Vestiti! Vestiti che usciamo. Ti aspetto
giù". E, presa la porta, scende le scale ed esce in
strada.
Sera
feriale in una cittadina del centro Italia. Le strade percorse
da seicento e millecento che si incrociano senza fretta. Qualche
Giulietta spider schizza ai lati del campo visivo, rapida come
una pallina lanciata in un flipper. L'uomo attraversa la strada.
Dall'altro lato campeggia la pubblicità del lucido Brill.
Entra nel bar più buio e fumoso. Si siede in modo da tener
d'occhio l'uscita del Florida. Solleva appena un po' il cappello
a tesa corta, poi ci ripensa, lo toglie e si passa rapido il pettine
tra i capelli impomatati. Non un filo di bianco nonostante le
quasi 50 primavere. Merito della brillantina Rinova? O chi ha
fatto la guerra e ne è uscito senza capelli bianchi ormai
non sbiancherà più se non in tarda età.?
L'uomo, né grasso né magro, veste un completo marrone
con cravatta in tinta. La camicia, pallidamente gialla, si adatta
al colorito della sua faccia. "Un Cynar, grazie", ordina
mettendo sul banco un enorme lenzuolo di carta da 10 mila lire.
"Ehi amico, hai rapinato la Banca d'Italia? Non ho da cambiare
per un Cynar" "E se ne prendessi due?" "Beh,
due Cynar è più di quanto ho guadagnato in tutta
la serata! Da quando l'altro bar ha messo la televisione, qui
la sera non ci viene più nessuno". "Però
hai il juke box, il calciobalilla e il flipper". "Giaaà!
Belle compagnie che ti tirano quelli…gioventù bruciata,
teddy boys, bluson noir. Magri, conciati. Non capisco neanche
come le loro madri li vogliano in casa!" Il barista serve
i due Cynar, dà il resto rubando qualche spicciolo e si
rintana borbottando nel suo angolo.
L'uomo scola il primo bicchiere di un sorso. "Ah, facevo
meglio a prendere una Sambuca!" pensa, mentre una smorfia
gli attraversa il viso. Si alza e si reca al juke box. Cento-lire-tre-canzoni.
Daiana kantiù see, Banana Boat e Ti dirò. No, non
c’è quel De Andrè che mi piace tanto: La Ballata
dell’eroe e sull’altra facciata la storia del Michè,
impiccato per amore. Questa sera va così. Altre cento lire
se ne vanno per tre partite al flipper. "Tanto, prima che
quella scenda, faccio in tempo a fare il record del locale. Così
vinco l'orsetto di peluche e poi glielo regalo".
Quanto tempo prima era stato? "Dunque, facciamo i calcoli:
1961 al '44 … fanno 17 anni! Due anni aveva … e ora
sono 19. E domani venti! Dopo tanto tempo chi se lo immaginava
più?" Tanto cupi sono i pensieri che gli si affollano
in mente che perde due palline una dopo l'altra e alla terza una
spinta troppo forte causa il TILT. Partita fottuta. "Mi cambi
altre cento lire?" dice porgendo al barista una manciata
di 5 e 10 lire. "Le 20 lire no, quelle non le dà nessuno.
Hanno un'aria preziosa: è meglio conservarle. Magari un
giorno varranno qualcosa. Com'era la storia di quello là
che ha trovato la moneta sbagliata e valeva un sacco di soldi?
Ah, no …era la moneta da cinquecento lire d'argento con
le bandiere delle navi che andavano controvento".
"Quanti anni! Il passato sepolto, insomma! Perché
siamo ancora a questo punto? Non ne posso più di questa
fuga infinita … e inutile. Forse ha ragione lei. Bisognerebbe
fermarsi e affrontare il passato. Ma l'appuntamento col destino
è per questa notte. È impossibile fermare il tempo…"
“Diciassette
anni fa, aprile ’44, la gente fa la coda con in mano la
tessera annonaria per il pane: 150 grammi a testa. Una donna con
una bambina per mano. Mia moglie e mia figlia. All’improvviso
arrivano i tedeschi. Le mostrine delle loro divise brillano come
stelle. Succede in un attimo. Una retata. Lei viene portata via.
A mani nude, strette in tasca per la rabbia, con l’affanno
dell’ira e della paura che si mischiano, io resto nascosto
nell’ombra... O lei o io. Ma non era nemmeno così.
Non avrei potuto salvarla nemmeno consegnandomi. Prendo la bambina
per mano e mi allontano. Iniziai a camminare allora e forse non
mi sono ancora fermato”.
L’uomo viene strappato alle sue riflessioni e ai suoi Cynar
dal rumore dei tacchi a spillo che zampettano sul selciato. Alza
gli occhi e la vede. Sua figlia, la loro figlia. E' bellissima.
La camicetta bianca indossata su un ampia gonna con fascia elastica
in vita e il foulard annodato intorno al collo. Esce dal bar,
la prende sotto braccio e vanno insieme a festeggiare. La loro
ultima sera insieme.
Notte. Le
luci al neon dell' Hotel Florida continuano a disegnare fantasmagorie
sulle pareti. La ragazza dorme, mollemente adagiata tra le lenzuola
stropicciate e scostate. Indossa nulla. Forse soltanto il profumo.
Il caldo nella stanza è soffocante. Le pale del ventilatore
a stelo non riescono a smuovere l’aria immobile. L’uomo
è sveglio. In canottiera e calzoni, a piedi nudi, seduto
vicino al tavolino accarezza e prepara la sua Mauser. Prende tempo.
Sa che tra poco dovrà usarla contro sua figlia. Non arriverà
mai a vent’anni. Sa anche che deve sbrigarsi perché
“Lei” sta tornando. E sa che lo troverà. Forse
già domani. Siamo a fine corsa. Ma la Mauser è bene
oliata e il suo mestiere lo sa fare bene. Almeno questa prima
parte si deve chiudere. Guarda ancora la ragazza adagiata sul
letto. Non si sveglierà. Il nembutal è potente:
"Credimi piccola, non potevo farne a meno. Capisci? Ho giurato!
E sono cose a cui si crede o non si crede. Se Lei fosse tornata,
tu avresti dovuto partire. La tua vita in cambio della sua. Ma
non avrei mai creduto che lei sarebbe tornata. Dai campi non torna
nessuno. E soprattutto non dopo oltre 15 anni dalla fine della
guerra. E invece lei è tornata.Ho qui la sua lettera. Ci
ha ritrovati e ci raggiungerà tra poco. È un voto,
piccola. Potresti capirlo anche tu. Sarebbe un male se ci trovasse
insieme. E soprattutto se tu parlassi… Scusami piccola,
ma è la vita … e la morte”
Si alza, in mezzo alla stanza, piantato ben saldo sui piedi, prende
la mira. Il silenziatore coprirà il rumore. Ecco lo sparo.
E una nuvola bianca che sale. Il cuscino si disfa in un tripudio
di piume, ma la testa della ragazza non si è mossa: colpo
fallito. L'emozione tira brutti scherzi. Se poi all'emozione si
accompagna una robusta spinta non solo si sbaglia la mira, ma
si può assistere anche ad un capovolgimento di situazione.
Ora l'uomo è steso per terra. Si sostiene su un gomito
e si tampona il sangue che esce dal lato del labbro, nel punto
preciso dove si è abbattuto il pugno che l'ha steso. Al
centro della stanza c'è lei, la moglie, la compagna, la
donna da cui fuggiva e che contemporaneamente aveva aspettato
per tutta la vita. In mano a lei la Mauser. Uno sguardo di ghiaccio
sotto i capelli biondi venati da strisce di bianco. Uno sguardo
trasparente che buca. Alza la mano, prende la mira,
"Porco!" E con tre colpi in rapida successione toglie
all'uomo l'illusione che la vita abbia in serbo altre svolte per
lui. Ora l'uomo è steso supino nella pozza del suo sangue.
La donna si china sulla ragazza addormentata, le carezza i capelli
e le parla.
"Non temere bimba mia. È tutto finito. È tornata
la tua mamma"
"ma
quando gli dissero di andare avanti
troppo lontano si spinse a cercare la verità.
Ora che è morto la patria si gloria
Di un altro eroe alla memoria"