1) Mi buttano su un letto di paglia in due
2) Di sicuro si amavano
3) E per sempre chiederai scusa
4) La tela
5) Analisi in tempo reale
6) Lo sento ancora denso quel boato
7) Quella sola notte del colonnello Tibbets
8) Senso di colpa
9) Uomini sul divano
10) Colpevole di libertà
 
 
 

 

 

 

"La colpa"

Colpevole di libertà
di Enrica Paresce

Un uomo entrò in chiesa lentamente, il suo volto severo era segnato da rughe profonde ed i capelli candidi risaltavano argentei anche in quella luce fioca.
- Ti chiedo perdono mio Dio. Ti chiedo venia per i miei peccati e per le mie promesse infrante. Perdono dei miei peccati. Perdono! Avevo giurato che avrei allevato la mia progenie perché potesse onorarti, che sarebbero state pecorelle candide e obbedienti. Cera morbida nelle tue santissime mani. Volevo far sì che i miei figli si consacrassero spontanemente a te con gioia, convinti della bontà di una vita spesa nella preghiera e nella purezza, ma ho fallito, ho fallito miseramente! Solo due dei miei figli hanno seguito la via della fede e ripreso quella strada che io ho colpevolmente abbandonato, irretito dal fascino di cose materiali. -

In ginocchio, la testa canuta stretta fra le mani il vecchio sprofondò borbottando sommessamente una lunga e disperata preghiera.
- Ho infettato i miei figli con il morbo del mio stesso peccato mio Signore, mio Dio! Le mie tenere figlie, i miei giovani forti e pieni di vita sembrano tutti tesi alla ricerca del male e della soddisfazione materiale. Non sono riuscito ad educarli come avrei dovuto, a inculcare loro i veri principi della vita. -
Lunghe e concenti lacrime scivolarono sotto le ciglia.
Aveva mancato.
Era stato una volta di più un cattivo maestro, un esempio sbagliato e traviante. Era sempre stato tragicamente cosciente della sua debolezza, ma mai come in quel momento.
Si era fatto tentare lui stesso.
Lui era stato il primo peccatore!
Come aveva potuto pensare di poter dar vita ad una stirpe di santi o perlomeno di persone dedite a quella stessa santa chiesa che aveva abbandonato?
Orgoglio e superbia.
Il peccato di Caino…
Il peccato di Adamo…

A causa del richiamo della carne si era sposato e la scusa che la sua giovanissima sposa aveva suscitato il suo interesse solo per carità cristiana non reggeva ad un esame di coscienza più approfondito.
Lui lo sapeva.
Certo la sua povera Adelina aveva avuto una vita davvero triste e disgraziata sino a che lui non l’aveva salvata dai parenti avidi e crudeli che l’avevano allevata come una serva, privandola perfino di una istruzione minima e avevano fatto man bassa dei beni che la morte prematura dei suoi genitori aveva lasciato sulle sue spalle.
Una novella Cenerentola per cui lui aveva rappresentato un opportunità di riscatto. Era stato per lei un vero principe azzurro, gentile e generoso nonostante l'età avanzata e questo aveva lusingato il suo ego.
Lui non si illudeva di certo.
Sapeva bene che il dolore che ora gli arrecavano i suoi figli, l’offesa che il loro comportamento irresponsabile arrecava ai dettami della Santa Chiesa era dovuto al sangue cattivo che lui aveva trasmesso loro.
Tredici figli gli aveva dato Adelina.
Tredici piccoli germogli.
L’ultimo dei quali aveva portato via Adelina con se.

La sua giovane moglie era morta così, esaurita nelle forze che aveva utilizzato per compiacerlo, per far nascere quella sterminata tribù di giovani sani e forti, ribelli e selvaggi come piccoli animali selvatici.
Lasciandogli il suo ultimo pegno d’amore, la sua dodicesima figlia, la piccola Ada, ancora da svezzare fra le braccia.
Quella piccola che ora era diventata il suo tesoro, incapace di affidarla ad altri si era occupato di lei come non aveva mai fatto con gli altri suoi bambini.
L’aveva allattata con il latte appena munto appena la balia aveva terminato il suo compito, e poi l’aveva abituata al cibo solido inzuppando i biscotti che faceva per il suo vescovo con il vin santo che selezionava personalmente sempre per lui.
L'aveva curata e vezzeggiata.

Sarebbe venuta su forte e bella come la sua mamma aveva giurato.
Non sarebbe morta anche lei ma avrebbe dato il suo contributo a ripagare il debito che lui aveva contratto con Dio.
Non sarebbe stata ingrata e incosciente come i suo i fratelli maggiori.
Lui aveva evidentemente trascurato i suoi doveri con loro ma non l'avrebbe fatto con quella giovane creatura ancora tutta da plasmare.
Il volto del vecchio si incupì al ricordo di coloro che aveva amato e che l’avevano tradito nelle sue aspettative più alte.
Pietro, il serio, lo studioso, l’attento.
Il migliore ed il più acuto dei suoi figli. Quello che aveva preso da lui anche l'attenzione alla parsimonia e il disprezzo per le cose inutilmente vane.
Il ragazzo dotato che si era coperto di gloria a scuola e che lui aveva sognato salire tutti i gradini della carriera sacerdotale si era imbarcato per l’Africa appena laureato, infiammato dai discorsi patriottici sulle colonie convinto di poter fare qualcosa di grande.
Alla ricerca di chissà quale avventura.
Era amaro saperlo teso a inseguire chimere di ricchezza, ma almeno Pietro scriveva, mandava denaro per le sorelle, cercava di aiutare i sacerdoti che in Africa lavoravano per la fede.

Federico invece era una ferita aperta.
L’allegro e ingenuo Federico, sempre alla ricerca di cose nuove e di avventure era sparito senza lasciare tracce il giorno prima di entrare al collegio dei gesuiti dove Altiero, il suo fratello maggiore già da tempo laggiù, lo attendeva, per istruirlo sulla vita sacerdotale a cui era stato instradato.
Quella defezione… ecco… doveva essere sincero davanti a Dio.
Lui se la era aspettata.
Federico, era stata un’anima ribelle già dal primo vagito!
In certi momenti, nell'ultimo periodo prima della fuga, aveva pensato spesso che quel ragazzo sarebbe riuscito a far saltare in aria la casa con la sola forza della sua incredibile energia.
Un fuoco, un turbine…
Se fosse riuscito ad indirizzarlo verso la fede che splendido esempio sarebbe stato!
E invece ormai aveva perso anche lui.
Andato, partito, sparito chissà dove.
Quella di non conoscere quale era stato il suo destino era una sofferenza atroce, pari solo al dolore del tradimento più abbietto compiuto dalla carne della usa carne. A quel dolore ben più recente che era la ragione per la quale ora inginocchiato sulla scomoda panca di quercia fissava il crocefisso scuro davanti a lui con gli occhi pieni di lacrime.

La sua dolce Maria…
La giovane donna che era la sua gioia. L’allegra Maria con gli occhi azzurri simili a quelli della madre, così pronti al sorriso e pieni di bontà.
Era fuggita, la sua bambina, con un uomo sposato.
Una fuga d'amore aveva scritto nella lettera che aveva lasciato sullo stipo.
Ma che amore ci può essere nel disonore e nel peccato?
Tutta Perugia aveva mormorato. Per giorni lui non aveva avuto il coraggio di uscir di casa.
Alla fine Altiero aveva abbandonato il collegio dove insegnava ed era andato a trovarlo, preoccupato per il suo comportamento.
Era stato molto faticoso trovare in se la forza per reagire. Per continuare a vivere.
Ma non l’avrebbe mai dimenticato, no.
Non sarebbe mai riuscito a farlo.
Aveva cancellato il nome di Maria, dal libro di famiglia, ed aveva proibito a tutti i suoi fratelli di pronunciarne il nome in sua presenza.
Ogni traccia di lei era stata cancellata.
Lei era morta.
Anzi non era neppure mai nata.
Ma sapeva che non sarebbe stato sufficiente questo.

Gli altri suoi figli, i cui volti a volte sembravano confondersi nella sua mente, sembravano aver perso la capacità di vedere cosa fosse il bene e il male.
Alcuni erano morti, precedendo nella tomba il loro anziano e stanco padre, pagando in anticipo i loro sbagli senza possibilità di cambiare il loro destino finale. Altri si erano sparsi, come piccoli semi travolti dalla bufera ed ora lui camminava lentamente sulla strada da Perugia a Roma per andarli a visitare tutti, per ricordar loro la retta via.
Un lento viaggio doloroso, un lungo cammino di espiazione necessario al bene della sua anima e della loro.
Ormai lo conoscevano in molti per quella strada e non doveva neppure temere di rimanere all'addiaccio per qualche imprevisto, anzi era più facile che fossero troppi coloro che si preoccupavano di trovargli un letto o un passaggio su un carro.
Lui accettava queste gentilezze per non mortificare i loro cuori gentili. Ma quando riteneva di non aver compiuto sino in fondo il suo dovere di espiazione ritornava sui suoi passi perdendosi nei boschi e nei campi alla ricerca vana della serenità che la sua anima aveva perduto in qualche piega segreta tanto tempo prima.
Alla ricerca dei suoi figli perduti, alla ricerca del primo che si era ribellato a lui, soprattutto di lui, Federico, che non riusciva a dimenticare, di cui non aveva mai più avuto notizie.
Il suo bambino, sperso da qualche parte nel mondo.
Lui che il Signore avrebbe punito severamente per la sua follia. Dovunque si fosse nascosto.


Il porto di Tien Sin era pieno di gente.
Un umanità fremente che dall'alto somigliava ad un alveare impazzito.
La forma delle case i colori e le fogge degli abiti, gli odori, i colori, non c'era nulla di familiare.
Tutto era strano eccitante diverso. Proprio quello che ci si poteva aspettare dopo tanti giorni di viaggio.
Un nuovo mondo.
Per nulla simile alla quiete della sua città, alle case di pietra dorata, alle strade alla gente che popolava la sua Perugia natia. Persino il verde più in alto, sui poggi oltre la città che si stendeva davanti a lui, era diverso da quello a cui era abituato.
Nessun bosco di querce scure, niente scintillii argentati di olivi selvatici, nessun campo di tenera erba medica. Solo alberi dalle forme esotiche e sfumature di colore incredibilmente strane aliene.
Una altro mondo dall’altra parte della terra…
Cina…

Federico si leccò le labbra arse per il caldo terribile che rendeva la sua piccola cabina un vero forno e sbirciò dall’oblò opaco sgranando gli occhi azzurri.
Che gente strana era quella!
"I musi gialli sono tutti uguali. Visto uno visti tutti. Vieni ragazzino, dobbiamo salire sul ponte. C’è da scaricare! Avrai tempo per sentire come puzzano e osservarli mentre ruttano." Disse un vecchio marinaio sdentato scuotendo il capo mentre gli passava accanto.
Con una certa riluttanza il giovane si staccò dal finestrino e acchiappò la camicia dal chiodo accanto all’amaca dove aveva passato le lunghe notti di quel viaggio senza fine.
Quante volte aveva pensato di non farcela… che sarebbe morto in mare, in un posto imprecisato fra l’Africa e l’Estremo Oriente.
In bocca ai pesci.
Nella pancia di una balena, come quel Pinocchio di cui aveva letto, infastidito, le avventure.
Anche Pinocchio, come lui, era stato un ribelle, ma lui alla fine aveva ammesso le sue cattive azioni ed era diventato un bambino modello. Una vera delusione!
No, lui non si sentiva affatto in colpa ad aver abbandonato la sua casa e la sua famiglia.
E perché avrebbe dovuto?
Dopotutto anche suo padre aveva pianificato che se ne andasse da casa.
Lui si era limitato a scegliere un'altra strada.
Anche se c’erano stati dei momenti in cui era stato sicuro di morire affogato neppure nelle ore più cupe, quando quella carriola era parsa un tappo di sughero in balia di marosi talmente alti e terribili da far pensare alla fine del mondo, si era pentito di essere andato per la sua di strada.
Sarebbe bastato il fatto di aver visto il mare a giustificare la sua vita.
Il mare…
Non lo aveva mai visto sino a che non era arrivato in fuga sino a Livorno e poi a Genova.
Non si era mai reso conto che potesse essere tanto grande.
Forse se lo avesse saputo non si sarebbe imbarcato come mozzo, o forse l’avrebbe fatto lo stesso?
Sarebbe partito, ne era certo!
Anche in quel momento l’idea che suo padre e suo fratello Altiero si trovavano dall’altra parte del mondo lo faceva sentire leggero, leggero, come uno di quei colorati palloni areostatici che l’avevano tatno affascinato, all’idea che lì in Cina avrebbe potuto andare in gira senza paura di essere scoperto sentiva le labbra distendersi in un sorriso di pura gioia.
Laggiù non avrebbero potuto riacchiapparlo, come avevano fatto quando era fuggito da casa tre anni prima.
Niente più cinghiate, preghiere da snocciolare in ginocchio sui sassi e ramanzine angoscianti sulla colpa e la redenzione.
No.
Era libero finalmente!
Nessuno avrebbe potuto obbligarlo neppure a entrare in una chiesa per la messa!
Lui, Federico Parlani, aveva scelto consapevolmente di andare dall’altra parte della terra per essere finalmente libero.
E c’era arrivato in Cina.
Alla faccia di tutti!
Anche se neppure lui avrebbe scommesso di riuscirci la notte in cui si era allontanato da casa.
La terra di Marco Polo era stata solo un sogno.
E invece ci era riuscito.
Tutto era possibile se solo lo si desiderava con la giusta intensità.
Ora che lo sapeva nessuno sarebbe più riuscito impedirgli di realizzare i suoi sogni.