Colpevole
di libertà
di Enrica Paresce
Un
uomo entrò in chiesa lentamente, il suo volto severo era
segnato da rughe profonde ed i capelli candidi risaltavano argentei
anche in quella luce fioca.
- Ti chiedo perdono mio Dio. Ti chiedo venia per i miei peccati
e per le mie promesse infrante. Perdono dei miei peccati. Perdono!
Avevo giurato che avrei allevato la mia progenie perché
potesse onorarti, che sarebbero state pecorelle candide e obbedienti.
Cera morbida nelle tue santissime mani. Volevo far sì che
i miei figli si consacrassero spontanemente a te con gioia, convinti
della bontà di una vita spesa nella preghiera e nella purezza,
ma ho fallito, ho fallito miseramente! Solo due dei miei figli
hanno seguito la via della fede e ripreso quella strada che io
ho colpevolmente abbandonato, irretito dal fascino di cose materiali.
-
In ginocchio, la testa canuta stretta fra le mani il vecchio sprofondò
borbottando sommessamente una lunga e disperata preghiera.
- Ho infettato i miei figli con il morbo del mio stesso peccato
mio Signore, mio Dio! Le mie tenere figlie, i miei giovani forti
e pieni di vita sembrano tutti tesi alla ricerca del male e della
soddisfazione materiale. Non sono riuscito ad educarli come avrei
dovuto, a inculcare loro i veri principi della vita. -
Lunghe e concenti lacrime scivolarono sotto le ciglia.
Aveva mancato.
Era stato una volta di più un cattivo maestro, un esempio
sbagliato e traviante. Era sempre stato tragicamente cosciente
della sua debolezza, ma mai come in quel momento.
Si era fatto tentare lui stesso.
Lui era stato il primo peccatore!
Come aveva potuto pensare di poter dar vita ad una stirpe di santi
o perlomeno di persone dedite a quella stessa santa chiesa che
aveva abbandonato?
Orgoglio e superbia.
Il peccato di Caino…
Il peccato di Adamo…
A
causa del richiamo della carne si era sposato e la scusa che la
sua giovanissima sposa aveva suscitato il suo interesse solo per
carità cristiana non reggeva ad un esame di coscienza più
approfondito.
Lui lo sapeva.
Certo la sua povera Adelina aveva avuto una vita davvero triste
e disgraziata sino a che lui non l’aveva salvata dai parenti
avidi e crudeli che l’avevano allevata come una serva, privandola
perfino di una istruzione minima e avevano fatto man bassa dei
beni che la morte prematura dei suoi genitori aveva lasciato sulle
sue spalle.
Una novella Cenerentola per cui lui aveva rappresentato un opportunità
di riscatto. Era stato per lei un vero principe azzurro, gentile
e generoso nonostante l'età avanzata e questo aveva lusingato
il suo ego.
Lui non si illudeva di certo.
Sapeva bene che il dolore che ora gli arrecavano i suoi figli,
l’offesa che il loro comportamento irresponsabile arrecava
ai dettami della Santa Chiesa era dovuto al sangue cattivo che
lui aveva trasmesso loro.
Tredici figli gli aveva dato Adelina.
Tredici piccoli germogli.
L’ultimo dei quali aveva portato via Adelina con se.
La sua giovane moglie era morta così, esaurita nelle forze
che aveva utilizzato per compiacerlo, per far nascere quella sterminata
tribù di giovani sani e forti, ribelli e selvaggi come
piccoli animali selvatici.
Lasciandogli il suo ultimo pegno d’amore, la sua dodicesima
figlia, la piccola Ada, ancora da svezzare fra le braccia.
Quella piccola che ora era diventata il suo tesoro, incapace di
affidarla ad altri si era occupato di lei come non aveva mai fatto
con gli altri suoi bambini.
L’aveva allattata con il latte appena munto appena la balia
aveva terminato il suo compito, e poi l’aveva abituata al
cibo solido inzuppando i biscotti che faceva per il suo vescovo
con il vin santo che selezionava personalmente sempre per lui.
L'aveva curata e vezzeggiata.
Sarebbe venuta su forte e bella come la sua mamma aveva giurato.
Non sarebbe morta anche lei ma avrebbe dato il suo contributo
a ripagare il debito che lui aveva contratto con Dio.
Non sarebbe stata ingrata e incosciente come i suo i fratelli
maggiori.
Lui aveva evidentemente trascurato i suoi doveri con loro ma non
l'avrebbe fatto con quella giovane creatura ancora tutta da plasmare.
Il volto del vecchio si incupì al ricordo di coloro che
aveva amato e che l’avevano tradito nelle sue aspettative
più alte.
Pietro, il serio, lo studioso, l’attento.
Il migliore ed il più acuto dei suoi figli. Quello che
aveva preso da lui anche l'attenzione alla parsimonia e il disprezzo
per le cose inutilmente vane.
Il ragazzo dotato che si era coperto di gloria a scuola e che
lui aveva sognato salire tutti i gradini della carriera sacerdotale
si era imbarcato per l’Africa appena laureato, infiammato
dai discorsi patriottici sulle colonie convinto di poter fare
qualcosa di grande.
Alla ricerca di chissà quale avventura.
Era amaro saperlo teso a inseguire chimere di ricchezza, ma almeno
Pietro scriveva, mandava denaro per le sorelle, cercava di aiutare
i sacerdoti che in Africa lavoravano per la fede.
Federico
invece era una ferita aperta.
L’allegro e ingenuo Federico, sempre alla ricerca di cose
nuove e di avventure era sparito senza lasciare tracce il giorno
prima di entrare al collegio dei gesuiti dove Altiero, il suo
fratello maggiore già da tempo laggiù, lo attendeva,
per istruirlo sulla vita sacerdotale a cui era stato instradato.
Quella defezione… ecco… doveva essere sincero davanti
a Dio.
Lui se la era aspettata.
Federico, era stata un’anima ribelle già dal primo
vagito!
In certi momenti, nell'ultimo periodo prima della fuga, aveva
pensato spesso che quel ragazzo sarebbe riuscito a far saltare
in aria la casa con la sola forza della sua incredibile energia.
Un fuoco, un turbine…
Se fosse riuscito ad indirizzarlo verso la fede che splendido
esempio sarebbe stato!
E invece ormai aveva perso anche lui.
Andato, partito, sparito chissà dove.
Quella di non conoscere quale era stato il suo destino era una
sofferenza atroce, pari solo al dolore del tradimento più
abbietto compiuto dalla carne della usa carne. A quel dolore ben
più recente che era la ragione per la quale ora inginocchiato
sulla scomoda panca di quercia fissava il crocefisso scuro davanti
a lui con gli occhi pieni di lacrime.
La
sua dolce Maria…
La giovane donna che era la sua gioia. L’allegra Maria con
gli occhi azzurri simili a quelli della madre, così pronti
al sorriso e pieni di bontà.
Era fuggita, la sua bambina, con un uomo sposato.
Una fuga d'amore aveva scritto nella lettera che aveva lasciato
sullo stipo.
Ma che amore ci può essere nel disonore e nel peccato?
Tutta Perugia aveva mormorato. Per giorni lui non aveva avuto
il coraggio di uscir di casa.
Alla fine Altiero aveva abbandonato il collegio dove insegnava
ed era andato a trovarlo, preoccupato per il suo comportamento.
Era stato molto faticoso trovare in se la forza per reagire. Per
continuare a vivere.
Ma non l’avrebbe mai dimenticato, no.
Non sarebbe mai riuscito a farlo.
Aveva cancellato il nome di Maria, dal libro di famiglia, ed aveva
proibito a tutti i suoi fratelli di pronunciarne il nome in sua
presenza.
Ogni traccia di lei era stata cancellata.
Lei era morta.
Anzi non era neppure mai nata.
Ma sapeva che non sarebbe stato sufficiente questo.
Gli
altri suoi figli, i cui volti a volte sembravano confondersi nella
sua mente, sembravano aver perso la capacità di vedere
cosa fosse il bene e il male.
Alcuni erano morti, precedendo nella tomba il loro anziano e stanco
padre, pagando in anticipo i loro sbagli senza possibilità
di cambiare il loro destino finale. Altri si erano sparsi, come
piccoli semi travolti dalla bufera ed ora lui camminava lentamente
sulla strada da Perugia a Roma per andarli a visitare tutti, per
ricordar loro la retta via.
Un lento viaggio doloroso, un lungo cammino di espiazione necessario
al bene della sua anima e della loro.
Ormai lo conoscevano in molti per quella strada e non doveva neppure
temere di rimanere all'addiaccio per qualche imprevisto, anzi
era più facile che fossero troppi coloro che si preoccupavano
di trovargli un letto o un passaggio su un carro.
Lui accettava queste gentilezze per non mortificare i loro cuori
gentili. Ma quando riteneva di non aver compiuto sino in fondo
il suo dovere di espiazione ritornava sui suoi passi perdendosi
nei boschi e nei campi alla ricerca vana della serenità
che la sua anima aveva perduto in qualche piega segreta tanto
tempo prima.
Alla ricerca dei suoi figli perduti, alla ricerca del primo che
si era ribellato a lui, soprattutto di lui, Federico, che non
riusciva a dimenticare, di cui non aveva mai più avuto
notizie.
Il suo bambino, sperso da qualche parte nel mondo.
Lui che il Signore avrebbe punito severamente per la sua follia.
Dovunque si fosse nascosto.
Il
porto di Tien Sin era pieno di gente.
Un umanità fremente che dall'alto somigliava ad un alveare
impazzito.
La forma delle case i colori e le fogge degli abiti, gli odori,
i colori, non c'era nulla di familiare.
Tutto era strano eccitante diverso. Proprio quello che ci si poteva
aspettare dopo tanti giorni di viaggio.
Un nuovo mondo.
Per nulla simile alla quiete della sua città, alle case
di pietra dorata, alle strade alla gente che popolava la sua Perugia
natia. Persino il verde più in alto, sui poggi oltre la
città che si stendeva davanti a lui, era diverso da quello
a cui era abituato.
Nessun bosco di querce scure, niente scintillii argentati di olivi
selvatici, nessun campo di tenera erba medica. Solo alberi dalle
forme esotiche e sfumature di colore incredibilmente strane aliene.
Una altro mondo dall’altra parte della terra…
Cina…
Federico si leccò le labbra arse per il caldo terribile
che rendeva la sua piccola cabina un vero forno e sbirciò
dall’oblò opaco sgranando gli occhi azzurri.
Che gente strana era quella!
"I musi gialli sono tutti uguali. Visto uno visti tutti.
Vieni ragazzino, dobbiamo salire sul ponte. C’è da
scaricare! Avrai tempo per sentire come puzzano e osservarli mentre
ruttano." Disse un vecchio marinaio sdentato scuotendo il
capo mentre gli passava accanto.
Con una certa riluttanza il giovane si staccò dal finestrino
e acchiappò la camicia dal chiodo accanto all’amaca
dove aveva passato le lunghe notti di quel viaggio senza fine.
Quante volte aveva pensato di non farcela… che sarebbe morto
in mare, in un posto imprecisato fra l’Africa e l’Estremo
Oriente.
In bocca ai pesci.
Nella pancia di una balena, come quel Pinocchio di cui aveva letto,
infastidito, le avventure.
Anche Pinocchio, come lui, era stato un ribelle, ma lui alla fine
aveva ammesso le sue cattive azioni ed era diventato un bambino
modello. Una vera delusione!
No, lui non si sentiva affatto in colpa ad aver abbandonato la
sua casa e la sua famiglia.
E perché avrebbe dovuto?
Dopotutto anche suo padre aveva pianificato che se ne andasse
da casa.
Lui si era limitato a scegliere un'altra strada.
Anche se c’erano stati dei momenti in cui era stato sicuro
di morire affogato neppure nelle ore più cupe, quando quella
carriola era parsa un tappo di sughero in balia di marosi talmente
alti e terribili da far pensare alla fine del mondo, si era pentito
di essere andato per la sua di strada.
Sarebbe bastato il fatto di aver visto il mare a giustificare
la sua vita.
Il mare…
Non lo aveva mai visto sino a che non era arrivato in fuga sino
a Livorno e poi a Genova.
Non si era mai reso conto che potesse essere tanto grande.
Forse se lo avesse saputo non si sarebbe imbarcato come mozzo,
o forse l’avrebbe fatto lo stesso?
Sarebbe partito, ne era certo!
Anche in quel momento l’idea che suo padre e suo fratello
Altiero si trovavano dall’altra parte del mondo lo faceva
sentire leggero, leggero, come uno di quei colorati palloni areostatici
che l’avevano tatno affascinato, all’idea che lì
in Cina avrebbe potuto andare in gira senza paura di essere scoperto
sentiva le labbra distendersi in un sorriso di pura gioia.
Laggiù non avrebbero potuto riacchiapparlo, come avevano
fatto quando era fuggito da casa tre anni prima.
Niente più cinghiate, preghiere da snocciolare in ginocchio
sui sassi e ramanzine angoscianti sulla colpa e la redenzione.
No.
Era libero finalmente!
Nessuno avrebbe potuto obbligarlo neppure a entrare in una chiesa
per la messa!
Lui, Federico Parlani, aveva scelto consapevolmente di andare
dall’altra parte della terra per essere finalmente libero.
E c’era arrivato in Cina.
Alla faccia di tutti!
Anche se neppure lui avrebbe scommesso di riuscirci la notte in
cui si era allontanato da casa.
La terra di Marco Polo era stata solo un sogno.
E invece ci era riuscito.
Tutto era possibile se solo lo si desiderava con la giusta intensità.
Ora che lo sapeva nessuno sarebbe più riuscito impedirgli
di realizzare i suoi sogni.