Di
sicuro si amavano
(lei
mente)
di Paola "Arancia" Fantaguzzi
Si
amavano? Non saprei dirvi. E forse nemmeno loro. Continuavano
a ripeterselo, però, come per convincersene.
“Ora lo so. Ne sono sicuro. Questo è amore!”
“Come lo riconosci?”
“Proprio dal fatto che non lo riconosco. Se lo riconoscessi
sarebbe qualcosa già vissuto. Ma so che è nuovo.
E per ora unico. E se non è amore gli troverò un
nuovo nome che suoni buffo, caldo e accogliente”
“Che ne dici di cioccolato?”
“Pensavo più al caffè … Ma cioccolato
non va male”
Telefonate da lontano ricche di niente, di qualche scherzo, di
un sorriso, di minuti comunque rubacchiati, ai lavori, agli amici,
alle famiglie. Telefonate di chi vive spesso lontano. Ma senza
drammi. Nulla vieta di vedersi. Non ci sono impedimenti di età,
sesso, casta, religione, stato civile. Adulti e consenzienti.
Ma, momentaneamente lontani. E nella lontananza (come diceva Modugno?)
gli amori grandi sembrano grandi, ma si spengono i fuochi piccoli.
“Che
fai stasera?”
“Sono fuori con degli amici. Sai, quelli del cavallo …”
“Un cavallo non ha amici! Lo sanno tutti che è un
solitario”
“Quello è il verme. Oppure si fa con le carte.”
“Sì, con le cartine, ma dentro, il cavallo, ci mette
tanta erba buona!”
“Gli amici del circolo di equitazione. Va meglio così?”
“Meglio. Se mi dai anche i loro nomi poi passa ad ammazzarli
tutti, così si pentiranno di avere fatto sogni sconci su
di te!”
“Piantala di fare il buffone!”
“Vabbé, a domani allora?”
“Certo. Ti chiamo domattina”
E la notte scendeva sulle esauste linee telefoniche del sud della
Francia. E la stessa notte, ma proprio la stessa, scendeva anche
sugli stremati pali del telegrafo della Liguria di levante. Solo
al mattino dopo la situazione non sarebbe più stata la
stessa.
Avete mai notato che se non esistessero i “ma” l’intera
storia della letteratura sarebbe molto più corta? Il “ma”
è l’incipit della svolta; è come se l’autore
dicesse: “fin qui abbiamo scherzato, schermaglie preparatorie,
ora si entra nella storia vera”. E così ci prepariamo
anche noi al nostro “ma”.
Loro si amavano? Non era sicuro ma certo volevano credere che
fosse così. Tessere una rete di sicurezza sotto all’asse
d’equilibrio della vita.
“Ma” (eccolo qua!) la mattina dopo non ci fu verso
di mettersi in contatto. I telefoni suonavano, i piccioni viaggiatori
partivano, i postini pedalavano, i telegrafi ticchettavano, ma
tutti invano. Non c’era segno di lei. E non era abituale.
E, soprattutto, non era abituato.
Il silenzio è una lavagna nera su cui si possono scrivere
i peggiori incubi. Soprattutto quando ti accorgi che il gesso
che tieni in mano in realtà è carbone. E per giunta
quello della calza della befana! Incubi neri con retrogusto dolce.
Il retrogusto dolce era quanto restava del sogno d’amore
del giorno prima.
Ma stiamo calmi e proviamo a ricapitolare. Cosa poteva essere
successo? Lasciamo la parola a lei. Io mi eclisso. La situazione,
dopo un “ma”, rischia sempre di farsi troppo calda
da gestire.
“Non
posso crederci! Sono cose che succedono nei film, nei libri. Mica
alle persone in carne e ossa. La vita non è fatta così.
La vita è una merda in cui arrancare. Si trovano espedienti
per tirare avanti un altro giorno, si costruiscono illusioni,
si fa finta di. “Bere, leggere, amare, grattarsi”.
E poi si copre tutto con una bella spolverata di ironia. Che vista
da fuori dà anche la sensazione che sia sicurezza. Come
con Francesco e le nostre schermaglie di battute. Fanno tanto
“intimità”. E invece sono solo una maschera.
Per non accorgersi e non dirci che non abbiamo proprio niente
da dirci.
Non posso crederci! Mi tremano ancora le gambe. Mi trema il cuore.
Mi si increspa la pelle. PAM! E’ stato un secondo. Lo avevo
già visto. Un omino insignificante. Non riesco a capire
come possa essere uno così. Mi ha toccata su una spalla
e PAM! Mi ha attraversata una scarica elettrica.”
“Lo dirai a Francesco?”
“Non adesso, non subito. Questa cosa mi spaventa. E’
fuoco. E’ pericoloso. E proprio adesso che credevo di avere
trovato la sicurezza di un amore domestico!. Perché Francesco
è dolce. Lui ci crede che il nostro sia amore. Un po’
non voglio ferirlo. Un po’ voglio capire.”
“...”
“Ma adesso devo trovare il sistema di non farlo venire qui
questo Sabato. Voglio passarlo con lui il fine settimana. Voglio!
Me la reggi una palla? Vado da Francesco stasera e poi tu mi chiami
e mi dici che stai male...”
“Non serve a questo la migliore amica? Hai ragione, hai
bisogno di tempo per capire. Anche se ti basterebbe guardarti
allo specchio per capire: non sei mai stata così bella!”
“Ma che ora è? O cazzo, ho ancora il telefono spento
da ieri sera...”
…
“Pronto, pronto!”
“Ciao”
“Come ciao?”
“Allora addio?”
“E’ già più appropriato!”
“Che è successo? Ti ha morso un serpente?”
“Che mi è successo? Mah …. Mah …. Non
trovo nemmeno le parole! La sentite? Ricompare dopo un’eternità
e mi chiede se mi ha morso un serpente! E’ un peccato che
non abbia morso te!”
“Ti trovo veramente acido! E sgradevole. Se vuoi ti richiamo
quando ti sarai calmato”
“Hai tempo? No, dico … Hai molto tempo? Ci vorranno
una ventina d’anni circa. Non ti sembra davvero il caso
di dare una spiegazione?”
“Non finché tieni questo tono sopra le righe!”
“Ok, lo porto sotto il rigo”
“Adesso fingi”
“No! Cerco di essere calmo quanto tu cercherai di essere
convincente. E’ possibile trovare una mediazione così?”
“Scusa, ma avevo mal di testa. E non mi andava di essere
disturbata mentre guidavo. Così ho spento”
“Cosa?”
“Ieri sera abbiamo bevuto troppo, poi all’uscita,
su una stradina di campagna … Pam!”
“Pam!!!”
“Si… Pam! Perché”
“In che senso PAM?”
“PAM! Mi è scoppiato un mal di testa folgorante.
Sono anche un po’ preoccupata. Poi sono arrivata a casa,
sono andata a lavorare e ho lavorato fino a poco fa. Poi ho pranzato
e lì mi sono accorta che avevo ancora il cellulare spento”.
“Ah! Tutto qui?”
“Tutto”
“Non che quel PAM sia stato un altro tipo di PAM? E poi
tu che non ricevi telefonate per quasi tutta una giornata e non
ti turbi? Nemmeno di lavoro? Niente di niente? Come è possibile?”
“E non lo so come è possibile, ma è andata
così”
“E se non ci credessi?”
“E perché non dovresti crederci?”
”Ammetterai che non è realistico”
“Non lo so. E’ andata così, punto. E adesso
devo andare”
“Che fai, spegni ancora?”
“No, riattacco! Ciao”.
“Non
è un po’ frusta la scusa del mal di testa?”
“Hai ragione. Non mi venuto in mente di meglio... adesso
vado, devo incontrarlo ancora alle due e mezza. Oddio, ma davvero
ci si può sentire così? Allora mi chiami verso le
undici?”
“Contaci”
“Grazie!”
“Le
tre. E’ in ritardo! Che tortura questa attesa! Dicono sia
una tortura dolce ma non è vero niente. Il desiderio mi
spacca in due. E’ ancora in ordine il trucco? Gli piacerà
questa biancheria? Mi troverà bella?
Altro che buffo e accogliente! Questo è amore. Acido muriatico
sul cuore. Ferri incandescenti. Fuoco. Fa male!
... le tre e mezzo. Sarà successo qualcosa? Non mi sono
fatta dare il numero di cellulare...
....
....”
Le quattro. E adesso il trucco non è più in ordine.
Claudia piange. Succede nei libri, nei film. Nella vita può
solo essere una presa per il culo.
Le quattro e mezza. Se vuole raggiungere Francesco e mettere in
atto il suo piano per avere il fine settimana libero si deve muovere,
ma non si può muovere. Se va via potrebbe non ritrovarlo
più. E’ certa che lui ha provato le stesse cose,
una passione così travolgente non può essere a senso
unico.
Le cinque...
….
“Pronto”
“Sei ancora arrabbiato?”
“No. Sono furioso!”
“Allora s-furiati che non c’è nessun motivo”
“Va bene, ma allora spiegami. Cosa è successo?”
“Niente, solo il mal di testa”
“E dagli ma prenditi una pillola!”
“L’ho presa”
“Un momento! Quale pillola?”
“Tutte e due. Quella per il mal di testa e l’altra”
“Allora c’era rischio di restare incinta?”
“Idiota! Quella la piglio per stare con te!”
“Eh già, dicono tutte così!”
“Tutte chi? Ma con quante stai?”
“Adesso non incominciamo che stiamo parlando di te!”
“Ma forse diventa più interessante parlare di te”
“Stai girando la frittata”
“Ma da grande cuoca! Sei tu che la giri facendola cadere”
“Insomma, adesso basta! O mi dici cosa è successo
….”
“o …?”
“O me lo dici e basta”
“Mmmm l’ometto mostra i muscoli?”
“Non è questione: cosa è successo? Sette-otto
ore di silenzio sono un’enormità da parte tua”
“Doveva pure esserci una prima volta”
“Questo vuol dire che …?”
“Vuol dire solo che ci sono state sette ore di silenzio”
“Otto”
“Otto, va bene”
“Va
bene, anzi va male, Claudia. Ma ti rendi conto che non ci stiamo
capendo per niente? Tu non vuoi capire che io sono stato in ansia
per te e non vuoi dirmi nulla di più e io … io non
so cosa pensare di te”
“Hai ragione. Adesso arrivo e ne parliamo”
“...hai ragione, adesso arrivo e ne parliamo. Già.
Di cosa? Cosa gli dico? Adesso basta che riesca a trattenere le
lacrime. Non vedo la strada. Gli racconterò tutto. Non
capirà. E’ proprio una merda la vita. Surrogati o
fregature. Laura mi direbbe che mi voleva soltanto scopare. Che
mi sono fatta usare come una cretina. Che sto buttando via “un
bel rapporto” per un’ubriacatura. Non lo voglio dire
nemmeno a lei che non è venuto. Non posso fermare le lacrime.
Non voglio fermare la macchina. Non voglio! Non voglio e basta.
Che schifo! Che schifo.”
180 all’ora.
Non
per la fretta di rivedere Francesco ma solo per scappare via.
180
all’ora con gli occhi pieni di lacrime.
180
all’ora con i pensieri ingarbugliati.
PAM!
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di Giorgio Maimone