1) Mi buttano su un letto di paglia in due
2) Di sicuro si amavano
3) E per sempre chiederai scusa
4) La tela
5) Analisi in tempo reale
6) Lo sento ancora denso quel boato
7) Quella sola notte del colonnello Tibbets
8) Senso di colpa
9) Uomini sul divano
10) Colpevole di libertà
 
 

 

 

 

"La colpa"

Di sicuro si amavano (lei non mente)
di Paola "Arancia" Fantaguzzi

Di sicuro si amavano. Di più non saprei dirvi. E forse nemmeno loro. Lo avevano capito da poco, da pochissimo. E continuavano a ripeterselo per non dimenticarselo.
“Ora lo so. Ne sono sicuro. Questo è amore!”
“Come lo riconosci?”
“Proprio dal fatto che non lo riconosco. Se lo riconoscessi sarebbe qualcosa già vissuto. Ma so che è nuovo. E per ora unico. E se non è amore gli troverò un nuovo nome che suoni buffo, caldo e accogliente”
“Che ne dici di cioccolato?”
“Pensavo più al caffè … Ma cioccolato non va male”
Telefonate da lontano ricche di niente, di qualche scherzo, di un sorriso, di minuti comunque rubacchiati, ai lavori, agli amici, alle famiglie. Telefonate di chi vive spesso lontano. Ma senza drammi. Nulla vieta di vedersi. Non ci sono impedimenti di età, sesso, casta, religione, stato civile. Adulti e consenzienti. Ma, momentaneamente lontani. E nella lontananza (come diceva Modugno?) gli amori grandi sembrano grandi, ma si spengono i fuochi piccoli. Fuoco? Era più che altro una pira che bruciava e che li consumava. Nel corpo di persona, nell’animo da remoto.
“Che fai stasera?”
“Sono fuori con degli amici. Sai, quelli del cavallo …”
“Un cavallo non ha amici! Lo sanno tutti che è un solitario”
“Quello è il verme. Oppure si fa con le carte.”
“Si, con le cartine, ma dentro, il cavallo, ci mette tanta erba buona!”
“Gli amici del circolo di equitazione. Va meglio così?”
“Meglio. Se mi dai anche i loro nomi poi passa ad ammazzarli tutti, così si pentiranno di avere fatto sogni sconci su di te!”
“Piantala di fare il buffone!”
“Vabbé, a domani allora?”
“Certo. Ti chiamo domattina”
E la notte scendeva sulle esauste linee telefoniche del sud della Francia. E la stessa notte, ma proprio la stessa, scendeva anche sugli stremati pali del telegrafo della Liguria di levante. Solo al mattino dopo la situazione non sarebbe più stata la stessa. Avete mai notato che se non esistessero i “ma” l’intera storia della letteratura sarebbe molto più corta? Il “ma” è l’incipit della svolta; è come se l’autore dicesse: “fin qui abbiamo scherzato, schermaglie preparatorie, ora si entra nella storia vera”. E così ci prepariamo anche noi al nostro “ma”. Loro si amavano,era sicuro “ma” (eccolo qua!) la mattina dopo non ci fu verso di mettersi in contatto. I telefoni suonavano, i piccioni viaggiatori partivano, i postini pedalavano, i telegrafi ticchettavano, ma tutti invano. Non c’era segno di lei. E non era abituale. E, soprattutto, non era abituato.
Il silenzio è una lavagna nera su cui si possono scrivere i peggiori incubi. Soprattutto quando ti accorgi che il gesso che tieni in mano in realtà è carbone. E per giunta quello della calza della befana! Incubi neri con retrogusto dolce. Il retrogusto dolce era quanto restava del sogno d’amore del giorno prima.
Ma stiamo calmi e proviamo a ricapitolare. Si amavano, lo abbiamo già detto. Lui amava lei e lei amava lui. Niente avrebbe potuto scalfire queste certezze…
Niente?
Forse proprio niente no. Tant’è che ora vacillavano. E solo perché un maledetto telefonino non mandava segnale di risposta. Ma cosa poteva essere successo? Lasciamo la parola a lui. Io mi eclisso. La situazione, dopo un “ma”, rischia sempre di farsi troppo calda da gestire.


“PAM. L’ho sentito chiaramente esplodermi nella testa. PAM! E’ vero, ho bevuto un po’ troppo con gli amici del cavallo. Ma chi ha mai detto che è un animale solitario? E i mustang che corrono a grappoli per le praterie? Lo dovrò dire domattina a Francesco. Un grappolo di cavalli potrebbe dargli il la per una delle sue...Però qualcuno fermi la strada. Ho la sensazione che mandi lampi di luce accecante e ogni lampo è una fitta di dolore. E devono avermi messo pneumatici di teflon! Cazzo, adesso pure il cellulare,. e chi guida in queste condizioni con una mano sola? Il mio capo. A quest’ora? Quel uomo non è normale. Via, censurato, certe invasioni io... Devo accostare per riuscire a spegnerlo. Accostare e magari chiudere un po’ gli occhi... Buio. Fresco. Se immagino una carezza fresca sulla fronte, sugli occhi forse si calma. La mano di Francesco che mi accarezza...
.... Ma che cazzo di ora è? Mi sono addormentata in macchina e la testa è ancora un grumo di dolore. Faccio giusto a tempo a cambiarmi prima di arrivare in ufficio.
“Claudia, ma hai una faccia!”
“Niente, niente. Ho bevuto troppo. Un mal di testa lancinante. Hai una pastiglia?”
“Ecco, prendi. Filippo ti ha lasciato un post-it.”
“Negriero. Mi ha pure telefonato stanotte... Una riunione, vado. Mi aspetti per pranzo?”
...
“La tua faccia non migliorata proprio.”
“Nemmeno il dolore. Vorrei che mi telefonasse Francesco, stare male mi fa sentire sola...”


“Pronto, pronto!”
“Ciao”
“Come ciao?”
“Allora addio?”
“E’ già più appropriato!”
“Che è successo? Ti ha morso un serpente?”
“Che mi è successo? Mah …. Mah …. Non trovo nemmeno le parole! La sentite? Ricompare dopo un’eternità e mi chiede se mi ha morso un serpente! E’ un peccato che non abbia morso te!”
“Ti trovo veramente acido! E sgradevole. Se vuoi ti richiamo quando ti sarai calmato” (Urla, la sua voce mi trapana gli occhi!)
“Hai tempo? No, dico … Hai molto tempo? Ci vorranno una ventina d’anni circa. Non ti sembra davvero il caso di dare una spiegazione?”
“Non finché tieni questo tono sopra le righe!”
“Ok, lo porto sotto il rigo”
“Adesso fingi”
“No! Cerco di essere calmo quanto tu cercherai di essere convincente. E’ possibile trovare una mediazione così?”
“Scusa, ma avevo mal di testa. E non mi andava di essere disturbata mentre guidavo. Così ho spento”
“Cosa?”
“Ieri sera abbiamo bevuto troppo, poi all’uscita, su una stradina di campagna … Pam!”
“Pam!!!”
“Si… Pam! Perché”
“In che senso PAM?”
“PAM! Mi è scoppiato un mal di testa folgorante. Sono anche un po’ preoccupata. Poi sono arrivata a casa, sono andata a lavorare e ho lavorato fino a poco fa. Poi ho pranzato e lì mi sono accorta che avevo ancora il cellulare spento”.
“Ah! Tutto qui?”
“Tutto”
“Non che quel PAM sia stato un altro tipo di PAM? E poi tu che non ricevi telefonate per quasi tutta una giornata e non ti turbi? Nemmeno di lavoro? Niente di niente? Come è possibile?”
“E non lo so come è possibile, ma è andata così”
“E se non ci credessi?”
“E perché non dovresti crederci?”
”Ammetterai che non è realistico”
“Non lo so. E’ andata così, punto. E adesso devo andare”
“Che fai, spegni ancora?”
“No, riattacco! Ciao”.

“Mi dispiace, mi dispiace cazzo, ma non ce la faccio a reggere una discussione ora. Prima di andare a casa passo al pronto soccorso, questi non sono postumi da sbornia. E Francesco mi fa la piazzata di gelosia, perché non mi crede? Che motivo avrei di mentire?...


La dottoressa era di una bellezza clamorosa. Se fossi un uomo mi avrebbe fatto sta meglio solo guardarla. Inquietante, con quei suoi vestiti dark, ma bellissima. Sorridente. Nera, pericolosa e dolce! Mi ha dato appuntamento per domani, per una TAC. Se fosse veramente allarmata me l’avrebbe fatta all’istante. Ma domani vuole dire lo stesso che proprio tranquilla non è. Non ci devo pensare. Andrà tutto bene. Andrà tutto bene. Non può succedere una cosa del genere proprio adesso, adesso che sono così felice... Adesso lo chiamo, provo a spiegare. Poi voglio che mi abbracci. Oddio, ci manca solo che mi venga da piangere.”

….
“Pronto”
“Sei ancora arrabbiato?”
“No. Sono furioso!”
“Allora s-furiati che non c’è nessun motivo”
“Va bene, ma allora spiegami. Cosa è successo?”
“Niente, solo il mal di testa”
“E dagli ma prenditi una pillola!”
“L’ho presa”
“Un momento! Quale pillola?”
“Tutte e due. Quella per il mal di testa e l’altra”
“Allora c’era rischio di restare incinta?”
“Idiota! Quella la piglio per stare con te!”
“Eh già, dicono tutte così!”
“Tutte chi? Ma con quante stai?”
“Adesso non incominciamo che stiamo parlando di te!”
“Ma forse diventa più interessante parlare di te”
“Stai girando la frittata”
“Ma da grande cuoca! Sei tu che la giri facendola cadere”
“Insomma, adesso basta! O mi dici cosa è successo ….”
“o …?”
“O me lo dici e basta”
“Mmmm l’ometto mostra i muscoli?”
“Non è questione: cosa è successo? Sette-otto ore di silenzio sono un’enormità da parte tua”
“Doveva pure esserci una prima volta”
“Questo vuol dire che …?”
“Vuol dire solo che ci sono state sette ore di silenzio”
“Otto”
“Otto, va bene”
“Va bene, anzi va male, Claudia. Ma ti rendi conto che non ci stiamo capendo per niente? Tu non vuoi capire che io sono stato in ansia per te e non vuoi dirmi nulla di più e io … io non so cosa pensare di te”
“Hai ragione. Adesso arrivo e ne parliamo”

“Non ci vado nemmeno a casa. Tanto è tutta autostrada, ho preso l’analgesico che mi ha dato la dottoressa nera. Devo dirglielo guardandolo negli occhi. Voglio appoggiare questo cazzo di dolore sul suo petto.



... PAM! Ancora! Teflon sotto le gomme, lampi, urla. Distillato di dolore!
“Non avere paura Claudia”
... e come ci è arrivata la dottoressa nella mia macchina? Dio com’è bella.. sorride, mi accarezza la fronte... il dolore si scoglie.
“Non avere paura, vieni con me.”
“Dì a Francesco che lo amo...”
PAM!!!!!

 






Torna a Di sicuro si amavano di Giorgio Maimone