Poesie
(?) di Vikkius
Racconti di
Vikkius
|
Professor
Marcellus Vikkius |
Seduzione
Se potessi farlo parlerei male giapponesi
e mi incazzerei a morte, perché è soprattutto per
colpa loro se adesso quasi più nessuno si ricorda di me.
Gli anni '70 , quelli sì che erano bei tempi! Quante mani
mi sfioravano allora. E mi toccavano, esploravano i miei fianchi,
agili e sudate, accendevano bagliori nelle mie viscere, mi elettrizzavano,
traevano vibrazioni da corde profonde. Qualcuno degli avventori,
a volte, era perfino violento, possessivo. Mi scuoteva, picchiava
duro, mi faceva soffrire e soffriva a sua volta quando io negavo
( sì, perché negavo anche! ) la giusta contropartita
per il soldo pagato. Ma anche questo faceva parte del gioco, serviva
per stuzzicare l'appetito e l'interesse. E quando la notte, finalmente,
calava il sipario, la sacca piena di denaro mi confortava , perché
avevo svolto bene il lavoro. Avevo dato e ricevuto un po' di felicità.
Ora resta solo il sapore amaro dell'ossido di rame e della ruggine.
Ora é tempo di microchips del Sol Levante, di Tomb Rider
, di elettronica, di diafane automobiline senza cuore.
Nessuno si ricorda più di un buon vecchio flipper.
NEI PRESSI DEL TAURO
Perché mi trovavo là? Sarebbe
troppo lungo da spiegare. Posso solo dire che avevo dilapidato
l'intero patrimonio di famiglia , l'amore di mia moglie e dei
miei figli, trascurato ogni amicizia e affetto per giungere dov'ero.
Avevo interrogato i più famosi occultisti del mondo, setacciato
biblioteche e collezioni private, seguendo minuziosamente ogni
traccia che servisse a rischiarare la strada. Avevo percorso in
lungo e in largo tre continenti finché avevo scovato, sulle
montagne del Tauro, l'unica persona al mondo che deteneva il segreto.
Non mi rimaneva più nulla, solo il mio corpo afflitto dalla
scabbia e scorticato per il furioso prurito. L'addome, i gomiti,
i genitali erano costellati da lunghe linee di pelle rossa ed
escoriata.
Il vecchio sdentato e lercio che rimestava con un paiolo di legno
una sostanza collosa dentro una pentola di rame, era l’unico
che conoscesse che il segreto della trasmutazione dei metalli.
Egli poteva fabbricare l'oro! Non era stato tanto il desiderio
di ricchezza in sé che mi aveva condotto dentro quel tugurio,
ma la sfida e gli sguardi condiscendenti di tutti coloro che mi
credevano non più sano di mente. Volevo dimostrare a me
stesso e a tutti quanti che nulla mi era impossibile.
Il vecchio mi guardò e disse : - E' un cattivo segreto.
Nessuno è mai stato felice, dopo. Affondai le unghie lunghe
e nere nelle mie carni, lasciandovi solchi sanguinolenti e trovando
momentaneo sollievo al prurito. Riuscii a sogghignare. - Io lo
sarò! Il vecchio sospirò. Mi consegnò un
pezzo di piombo e disse: - Allora immergi qui dentro la mano che
stringe il piombo.
Obbedii e, quando la estrassi, il piombo era diventato un pezzo
d'oro. Il vecchio scivolò via dal tugurio senza che me
ne accorgessi : non badavo più a lui, avevo ormai altro
da fare. Finalmente il segreto della Pietra Filosofale era mio!
Mi asciugai una lacrima di felicità ... che tintinnò
allegramente ai miei piedi. Una brillante goccia d'oro. Anche
la guancia che avevo toccato era diventata d'oro, così
come tutto ciò che sfioravo. La mitologia diceva che un
certo Re Mida, che aveva regnato nei paraggi, un giorno aveva
subito un supplizio simile. Bisognerebbe sempre credere alle leggende.
Solo che per me era troppo tardi. Resistetti all'impulso di mordermi
le dita dalla rabbia. Avvertii un formicolio correre lungo la
schiena. Sentivo un esercito di formiche sul petto, un plotone
di moscerini sulla pancia, un camion di piume di struzzo dentro
i pantaloni. In nome di Dio, per quanto tempo ancora sarei riuscito
a non grattarmi?
|
|
SONETTO SULLA FOTO DEI NAUFRAGI
Nel mezzo del cammin dalla mia posta,
vi ritrovai una foto oscura
la cui vision era tosta, acc.. se era tosta!
Ma per dirvi delle cose e della paura
che provai a quell'orrida visione,
vi basti questa semplice stesura.
Vi era, a lato, un robusto omone,
dal volto paonazzo e un poco buffo,
che di bottiglie facea collezione.
Ei , mi dicon, si chiamasse puffo
e parchegghiava il suo quintale
accanto a un garibaldino ruffo
di capelli e sguardo da spedale,
per le birre tracannate a tutto spiano.
Ma ora, che potrei dir di male
di colei che poggia la sua mano
sul braccio di cotanto esemplare
di naufrago di aspetto subumano?
Il paciocco sembra felice e lascia fare
alla circe che l'avvolge nelle spire
e che sembra volerlo disossare.
Ahi! a me sembrò di sentire,
quando lei gli abbrancò l'arto
e non lasciollo più fuggire.
E che dire di colui che storce dita
come a palleggiar cotesto evento
che sembra cosa inaudita.
Lo si vede felice e contento
e pare dir :-La platea io mangio condita,
se della birra caccio prima il vento.
Nei su' pressi un crine un tempo folto
pare rotear lo sguardo intorno
e dir: - Ridatemi il bibiton che m'avete tolto.
Deh, mira quei due che dal superno
e sanza ritenzion mostran il volto
a me, che tiro uno strale di scherno.
Una pasqua appare il listaiolo
che poggia la mano a tracolla
su colei che ride a paiolo,
immota, come torre che non crolla.
Ora è tempo che io approdi al porto
e termini codesta immane rolla
ché chi mi conosce sa, che a torto,
non ho in amor il poetare discinto
e non cavo dritto da ciò che è storto.
Ma se il quadro ch'ho così dipinto
è stato alfin di vostro gradimento
sappiate che è l'invidia che m'ha spinto
e che avrei voluto esser lì, in quel momento.
Links
Poesie
Racconti
Pubblicazioni
- La coscia di
Pitagora (Edizioni Literalia)
Pagine personali |
|