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Piccole Note Biografiche |
Ho
30 anni (li compio il prossimo 30 settembre, per cui diciamo
ancora 29). Sono fidanzata da 5 anni con Christian (alias
Picco Picco), che di anni ne ha 33, e convivo da tre. Prevedo
di sposarmi, salvo imprevisti nell'estate del prossimo anno.
Sono "matrigna" di una bimba di 8 anni che si chiama
Arleen e "mamma" di un gatto meraviglioso e maleducato
che si chiama Gabo.
Sono stata una tennista professionista dai 16 ai 23 anni,
la mia miglior classifica italiana è stata n. 7, quella
mondiale 153. Ho smesso piuttosto presto perchè ero
stufa dell'ambiente e un po' stanca di non stare mai ferma.
La maggior parte dei tornei sono solo femminili. Metti 64
donne (soprattutto atlete) in competizione e vedrai spuntare
coltelli (o lingue.. che spesso è uguale). La maggior
parte dei tornei non sono in Italia, per cui un aereo a settimana,
cambi di fuso, di clima, di gente... e non hai tempo di visitare
i posti! Finchè vinci è tutto bello. Al primo
periodo di crisi pensi: ma chi me lo fa fare? Vabbè,
forse non era la mia "vocazione". Però ho
dei bellissimi ricordi.
Adesso faccio solo la competizione a squadre, mi alleno poco
e gioco la gara la domenica. Mi diverto da matti!
Nella vita "seria" sono direttore amministrativo
di un'azienda di servizi. E' un lavoro che non mi piace molto,
ma visto che l'azienda è di mio zio e che riesco a
sentirla come mia, riesco a digerirlo. Dal momento che mi
piace scrivere qualsiasi cosa, per indorarmi un po' la pillola
mi sono presa in carico la redazione delle offerte e quello
è uno dei miei massimi momenti creativi. Perciò
non mi stupisco se arrivo quasi ultima al Doppio Misto!
Per il resto: adoro leggere, viaggiare (ma lo faccio poco),
fare sport (qualsiasi tranne il nuoto), e stare ore ed ore
a letto accoccolata al mio amore, anche mentre lui mi legge
ad alta voce i saggi di fisica e logica che adora (io ci capisco
poco, ma lui mi spiega così bene... e poi la sua voce
mi rilassa..)
Sono una specie di animaletto, istintiva, quasi incapace di
controllarsi alle volte. Sono capricciosa e passo spesso dall'euforia
alla depressione. Sono molto critica, con me stessa e con
gli altri e solo grazie al mio lavoro ho imparato un po' l'arte
della diplomazia. La maggior parte della gente mi definisce
dura (anche acida qualche volta) ma chi mi vuole bene mi dice
che in fondo sono dolce e molto sensibile. Io sinceramente
non ho ancora capito chi ha ragione.
Least, but not last: come ho già detto adoro scrivere.
Ho sempre scritto riflessioni e solo per me stessa. Solo da
quando mi sono iscritta al CIN ho iniziato a scrivere racconti
(che però hanno ancora una forte componente autobiografica)
ed ovviamente spero che mi forniate spunti per migliorare.
Mi piacete molto e spero di farmi apprezzare in futuro.
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Le Poesie
di Pikkina |
I racconti
di Pikkina |
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Pikkina
(Federica Fortuni) |
ESPRESSIONI
DI VITA
Fa caldo e non c’è
davvero un buon odore. E’ notte, le undici e trenta e questo
vecchio treno per Nizza partirà tra circa un quarto d’ora
per un viaggio di oltre 10 ore.
Ho già preso possesso del mio letto. Ci
ho appoggiato l’ultimo romanzo di Marquez ed il lettore
Cd. La cuccetta più bassa, poco più di mezzo metro
di spazio tra il pavimento ed il letto superiore, a me da l’idea
rassicurante di una tana, dove raggomitolarmi, appartata, nascosta.
Si, fa caldo e c’è un odore forte, acre, ma sono
serena e rilassata all’idea di godermi in solitudine queste
lunghe ore notturne, libera di non dormire e leggere ed ascoltare
la musica fino ad esserne stanca.
Da
qualche minuto è salito un ragazzo. E’ fermo all’inizio
del vagone e parla al cellulare in spagnolo, con la dolce e lenta
inflessione Sud americana. Appoggiata al finestrino del corridoio,
lo ascolto più che osservarlo, non mi colpisce il suo aspetto,
ma il suo idioma.
Prende in spalla la sua sacca e viene dalla mia parte. Mi guarda
distratto mentre continua la sua conversazione poi controlla il
numero sul mio scompartimento ed entra. E’ disinvolto, forse
viaggia spesso in treno da solo.
Io, al contrario, ho appena realizzato che sarà il mio
compagno di viaggio, l’unico ormai, e la cosa non mi mette
fortemente a disagio.
E’ indaffarato, tiene il telefono incastrato tra spalla
ed orecchio. Lo osservo riflesso sul vetro. E’ alto e magro,
quasi ossuto. Il viso è piuttosto spigoloso ma addolcito
da labbra carnose. Ha capelli scuri, quasi neri, spettinati, ma
con stile.
Ha attaccato. Si guarda attorno, appoggia la sua borsa sul porta
bagagli in alto e sistema una specie di cartella colma di fogli
sul letto sopra al mio. Forse è uno studente o magari (chissà!)
uno scrittore o un poeta.
Torna nel corridoio, mi sorride cordiale e si siede a leggere
su uno strapontino. Rispondo al suo sorriso ma subito sfuggo,
intimidita e imbarazzata, sgattaiolando dentro lo scompartimento
con la scusa, piuttosto credibile, di aprire il finestrino. Il
caldo è soffocante all’interno.
Immagino che tra poco verrà a dormire, visto che è
già mezzanotte. Non vorrei trovarmi faccia a faccia con
lui nel metro quadrato dello scompartimento, pertanto mi rifugio
nella mia “tana” e sdraiata, infilo nel lettore il
CD di Paul Simon. Mi chiudo a ciò che mi sta intorno tappandomi
le orecchie con gli auricolari e immergendomi nella biografia
di Gabo.
(Segue)
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Tum
Tum
La
scorsa estate mi sei rimasto chiuso dentro. Hai bussato e ti ho fatto
entrare, ma avevo dimenticato quanto quella giovane serratura fosse
già difettosa. Certo se tu non mi avessi distratta in quel modo,
se avessi smesso di martellarmi…. Dico almeno un momento! Magari
me ne sarei ricordata, ci sarei stata più attenta.
No invece. Tum, tum, tum, un continuo picchiettare come se avessi avuto
paura che non potessi sentirti. Come se tu non potessi attendere quei
quattro passi che mi separavano dalla porta.
Se mi avessi dato un attimo di tregua, magari avrei riflettuto, avrei
misurato mentalmente lo spazio, mi sarei accorta di quanto stretto fosse
e di quanto malandata fosse quella porta.
Certo non posso dare a te tutta la colpa. Non dico che potevo ignorarti,
facevi un gran chiasso, ma in fondo i tuoi colpi erano regolari, avrei
potuto lasciarti bussare imparando a muovermi al ritmo di quel picchiettio,
finendo per non farci più caso, per “assorbire”,
per così dire, questa variante.
Ma, che vuoi, le circostanze.. non ero abbastanza sobria, non sarei
mai riuscita ad andare a tempo.
(Segue)
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