L'auto-poetica
di Matisse
La donna non
era guidatore dell'autobus. Era evidente la sua preoccupazione
di essere ben seduta e ben "aggiustata": passò
le mani sul vestito rosso a toglierne le pieghe, si assestò
per meglio aderire alla curvatura del sedile, col dito bagnato
di saliva tolse un'invisibile macchia dalla borsa, guardò
soddisfatta la macchia che non si vedeva, strappò con gli
incisivi un filo che pendeva dall'orlo della manica sinistra,
accavallò le gambe, accarezzò il ginocchio e parve
concludere questa serie di operazioni assumendo l'aspetto di una
persona che ha compiuto l'opera lontana da me. Aveva occupato
il posto: l'unico rimasto libero dietro il suo.
Io scrivo così. Come quella donna. Faccio della forma della
scrittura un comportamento: ne tolgo le increspature, inarco gli
attributi, detergo gli aggettivi, sradico gli avverbi, incrocio
le parole fino a perderne il senso. Le abbellisco di un valore
forse estraneo all'intenzione originaria: il suono.
Se lo stile attinge alla mitologia personale e segreta dell'autore,
il mio non poteva che essere questo. Prigioniera del mio nome,
il suono si espande indipendentemente dalle mie responsabilità.
Ecco il motivo per cui, spesso, non riesco a seguirvi. Mi sento
così inadeguata, inopportuna, ingabbiata... L'ideale sarebbe
un'assenza ideale di stile, la perdita volontaria di ogni ricorso
all'eleganza, alla ricerca del particolare a favore del tutto,
all'ornamento artificioso, al destino della musica...
"La forma costa cara" diceva Valery, io la sto pagando
con una mia peculiare solitudine.
Spenderò
fiumi di parole.
Avviso al Vicchio: "Col mare / mi sono fatto / una bara /
di freschezza [G.
Ungaretti]
Premetto che
il poeta temo non sia la persona più idonea per tentare
di definire una poesia. Una definizione presuppone uno spirito
oggettivo, razionale, analitico, in una parola: scientifico. Vale
a dire il contrario dell'inclinazione di un poeta. Dunque, ti
presento il mio obliquo "manifesto" personale: non ha
formule, la definizione di poesia è cosa troppo seria per
essere affidata a chi vi partecipa.
La poesia non è una scienza esatta, non comporta leggi
o teoremi, tuttavia ha le sue origini nel campo delle scienze
umane, più precisamente in quella del linguaggio: la linguistica,
appunto. In questo momento sentirai l'urlo di qualcuno che legge,
non ci badare, preciso subito che non si tratta di negare l'emozione,
il piacere (soggettivo) provato nel leggere buoni versi. Senza
dubbio una poesia che "tocca" non ha bisogno di essere
scorticata, analizzata, pesata come un corpo chimico.
(Segue)