La poetica di Matisse
Spenderò fiumi di parole.
Avviso al Vicchio: "Col mare / mi sono fatto / una bara / di freschezza [G.
Ungaretti]

Premetto che il poeta temo non sia la persona più idonea per tentare di definire una poesia. Una definizione presuppone uno spirito oggettivo, razionale, analitico, in una parola: scientifico. Vale a dire il contrario dell'inclinazione di un poeta. Dunque, ti presento il mio obliquo "manifesto" personale: non ha formule, la definizione di poesia è cosa troppo seria per essere affidata a chi vi partecipa.
La poesia non è una scienza esatta, non comporta leggi o teoremi, tuttavia ha le sue origini nel campo delle scienze umane, più precisamente in quella del linguaggio: la linguistica, appunto. In questo momento sentirai l'urlo di qualcuno che legge, non ci badare, preciso subito che non si tratta di negare l'emozione, il piacere (soggettivo) provato nel leggere buoni versi. Senza dubbio una poesia che "tocca" non ha bisogno di essere scorticata, analizzata, pesata come un corpo chimico.

Il termine "poesia" è oggetto di talmente tanti controsensi e malintesi che Valéry affermava: " Certi, si fanno della poesia un'idea così vaga che prendono questa vaghezza per l'idea stessa di poesia". Nulla di più vero. Nel linguaggio corrente non è raro l'utilizzo della parola poesia per indicare la qualità particolare di un oggetto del reale (un paesaggio pieno di poesia? Uno spettacolo molto poetico?..). In questo senso il termine designa la capacità di una cosa, qualunque essa sia, a procurare un piacere, spesso dolce, romantico, talvolta un po' melanconico. Uno dei luoghi comuni del genere che fanno, a torto, l'essenza stessa della poesia. Il tramonto del sole è qualificato come poetico o romantico da un osservatore perché è motivo frequente nella poesia romantica. Contrariamente a questa opinione corrente, non c'è, in effetti, un tema specifico della poesia: lei veicola la violenza e la collera come la dolcezza e lo spleen, dunque non possiamo definire la poesia in base alla sua tematica.

Cerchiamo un'altra definizione?: la poesia è un genere scritto in versi, il più sovente organizzati da schemi prefissati che si chiamano forme fisse (sonetti, odi, ballate.). La maggior parte dei dizionari riprendono ancora questa definizione, come hai visto. E' vero che storicamente la poesia fu a lungo scritta in versi, ma, malgrado tutto, il verso non è caratteristico della poesia: non solo perché esistono altri generi (il teatro, e i romanzi medioevali in rima, per esempio) ma anche perché alla fine del diciannovesimo e del ventesimo secolo ci sono numerosi esempi di poesia in prosa o in versi liberi. Certi testi, poi, vengono definiti di prosa poetica: sono le pagine suscettibili di procurare al lettore un certo piacere estetico prossimo a quello che procurano i testi appartenenti al genere lirico. La poesia, più di ogni altro genere, rimette in questione la classificazione dei testi letterari in grandi "generi": se non può essere definita da criteri tematici, non lo sarà tanto meno per criteri formali.

La poesia è soprattutto una certa maniera di lavorare il testo, un'arte del linguaggio. Un fare, per rispondere alla tua domanda, che presuppone uno studio (un impegno di vita?) atto ad edificare. Possiamo quindi tentare di definirla come una pratica che utilizza un linguaggio (ogni mezzo del linguaggio) per fabbricare un poema così come si fabbrica un oggetto. L'attività poetica trova la sua origine nella volontà di spezzare l'arbitrio dei segni linguistici, di allontanarsi dalle leggi della prosa (intesa come prosa non letteraria). Quest'ultima, anzi, penultima, si definisce come linguaggio ordinario, standard, sottomesso alla relazione (arbitraria anch' essa?) tra segno e senso. Votata ad una pura missione di comunicazione d' informazioni, la prosa deve avvalersi di un linguaggio collettivo, immediatamente comprensibile dal più grande numero di persone, non permette all'individuo di manifestare le proprie "particolarità". "La creazione poetica, invece", diceva Octavio Paz, "è dapprima violenza fatta al linguaggio".
Ora, poiché l'uomo vive ogni sua esperienza attraverso il linguaggio (è uomo proprio e a volte solo per questo) la poesia è un mezzo per permettergli di comprendere, esprimendolo, il suo rapporto con il mondo, di rendergli conto della sua esperienza (sensibile, intellettuale ecc.) in quello che essa ha di irriducibilmente particolare. Grazie a questo linguaggio intimo che gli è del tutto proprio, il poeta perviene, paradossalmente, a esprimere la verità della condizione umana (e animale..!) e in questo tocca la sensibilità dei suoi lettori. Dunque, anche se, come affermava Baudelaire, la poesia non ha altro scopo che sé stessa, essa non è un'attività futile ma un'esperienza fondamentale di libertà.

I naufraghi mi sono testimoni di quanto io abbia temuto un'altra libertà nella poesia: di quante volte abbia affermato la necessità dello studio della metrica, delle figure semantiche e di suono e di.. Ma se passiamo sopra la forma, le rime che sono indici (di presunzione, ma non di garanzia) d'arte poetica, spero converrai comunque con me che la poesia nasce dalla sensazione di uno "scarto" da un discorso che sarebbe, altrimenti percepito come "neutro". Cocteau definiva la lirica una "scossa", qualcosa di molto simile ad un impulso folgorante. Intuizione giusta ma paragone deviante: l' elettricità si misura mentre gli scarti linguistici non hanno coefficiente di poeticità.

"Che cosa fa di quel testo un poema, al contrario di un altro?"

Quella ipotetica scossa, forse, anche se condivido con te che non tutti gli scarti alla "norma" danno l'impressione di "buona poesia". Eh! Ma se accerchiare la nozione di poesia già non è facile, definire "la buona poesia" sembra una vera scommessa, se non terrorismo intellettuale.

Tra il rimatore prosaico, quasi triviale, e il grande poeta, esiste una gamma infinita di poeti più o meno ispirati e di talento, vissuti come tali dai lettori. Questa affermazione si applica solo in un contesto dato: più precisamente, ad un luogo, un'epoca e un ambito socio-culturale. Ogni poesia ( e questo vale anche per tutte le altri arti) proveniente da un altro orizzonte, da un altro secolo, da un altro livello, non sarà apprezzata che attraverso una "messa in condizione di", un apprendimento. Non è spontaneamente che abbiamo imparato ad amare Dante la cui poetica non corrisponde ai nostri criteri correnti: ci hanno (eventualmente) insegnato ad amarlo. Quindi, penso di poter scrivere che non ci può essere connivenza poetica tra il poeta e il suo lettore (o auditore) senza la condizione che i due appartengano ad una stessa sfera "spazio-temporale" o culturale. Il sentimento della poesia non ha nulla d'assoluto, si elabora in rapporto a un referente, a un insieme di codici accettati dalla società (o da parte di essa) ad un momento dato. Ciò che era considerato come scarto ai tempi di Hugo non lo è più oggi: anche in una lasso di tempo relativamente corto l' effetto poetico svanisce. Per questo la poesia deve rinnovarsi continuamente per restare poesia. Il rinnovamento, libero dalle costrizioni delle vecchie forme, non ti sembri però del tutto libero: i nuovi poeti si sono dati altre leggi, leggi morbide e sovente provvisorie, percepite come strumenti di lavoro, a volte di gioco. Ma oggi come ieri, il poeta fa ricorso alle sonorità e ad altri accorgimenti (invenzioni lessicali, connotazioni moltiplicate, neologismi..) per strutturare il suo testo.
Certo, l'ottenimento dell'effetto poetico da parte del poeta non è possibile che a patto ch'egli possieda sufficientemente la propria lingua ma anche, come dicevo, che la storia letteraria, i codici estetici siano quelli attualmente in uso nel suo mondo al momento in cui egli scrive; una questione di competenza. Chi non la possiede, ispirato o no, resterà sempre al di là del confine con la poesia. Chi la possiede potrà essere "l' onesto poeta". Chi non contento di possederla arriverà ad imprimere ai suoi testi il proprio stile, la propria firma, chi non potrà confondere il suo stile con quello di ciascun altro, farà "il buon poeta". Chi, avendola posseduta, arriverà ad oltrepassare la poesia, a far scoppiare in lampi la sua "nozione" al punto che, secondo lui, quest'ultima non sarà più la stessa, avrà raggiunto una nuova tappa della sua evoluzione e sarà, senza dubbio "il poeta di genio".