Fabrizio Consoli

Giacometti
di Fabrizio Consoli

Sono andato via verso le quattro, le strade bagnate da una pioggia così sottile che la si poteva respirare.
Brutta bestia, la solitudine.
Non ti lascia mai davvero solo.
E così, i pensieri, le immagini che non riesco a dire come vorrei, che non son buono di raccontare, non mi lasciano mai il tempo di avere un pò di tempo. E per cosa, poi? Senza, non esisto.
Non va, non va.
Non mi spaventassero così tanto le forme che si avvicinano,
quasi volessero guardarmi dentro, non avrei bisogno di notti così. Non dipingerei, non plasmerei la lontananza come unica
maniera per sentire di appartenere al mio corpo e di conseguenza, al genere umano. Devo andare a lavorare.
Vorrei a volte che le mie figure scomparissero del tutto, ma mio fratello mi impedisce di scarnificarle al punto di vederle come le sento, e così, ricomincio daccapo.

Devo, una volta, fare una testa come la gente si aspetta che una testa sia, ma é sempre più forte il bisogno di vedere, di toccare la lontananza.
Non mi spaventasse così tanto...
E a questo punto non saprei dire se l’uomo che cammina, il mio più famoso tentativo di capirci qualcosa, si avvicini o si allontani.
Tanto mi spaventerebbe comunque.
Non va, non va. Devo capire perché la vita si allontani. Tosse.
Ho fatto del mio meglio per stare sempre peggio, non capisco.
Non mi rassegno, devo proprio fumare. Rumore di passi lontani.
Le mie figure mi seguono anche a Milano.
Perché non dovrebbero? A Parigi ho un modello bellissimo, bellissimo.
Ma forse i passi sono suoi, e, pensandoci bene, non é poi così diverso dai suoi passi. Un rumore lontano, una voglia di tornare senza sapere dove. No, non é poi così bello.
Vorrebbe esistere, ma soprattutto, essere esistito, come tutti, né più, né meno.
Magritte ha capito tutto, tutto. Se ci accorgessimo che una pietra può stare in aria, tutta la concezione del mondo cambierebbe.
Non mi piacerebbe che cambiassero le donne.

Prima di tornare a respirare la notte, al night club, una donna
é venuta al tavolo e mi ha chiesto perché stavo solo.
Perché sono solo, le ho risposto.
Voleva da bere, ma non avevo soldi, le ho chiesto una sigaretta e se n’é andata. Quando una donna mi piace, mi chiedo sempre se potrò mai parlarle, ma, se capita, non so cosa dire.
La loro libertà é tale, che é tutto perfettamente uguale, che io dica o non dica. E, perlopiù, non vogliono sapere niente.
C’erano delle donne per strada. Mi sono fermato alla prima, poi un attimo alla seconda, poi alla prossima, e ancora avanti, verso quella che non spunta mai.
A pensarci, la prima non era male. Ma se tornassi, non la troverei più. Se la vita mi combaciasse perfettamente, non proverei repulsione all’idea di essere fedele.
A volte, mi viene la tentazione di toccare le signore, toccarle, sentirle con le mani, ma si offendono.
Non mi piacciono le signore.
Ho passato molto tempo e speso tanti soldi con le puttane.
Soldi ben spesi.
Devo lavorare, devo fumare. Non va, non va.
Sono disperato se penso che, per quanto cerchi, non resterà traccia, non ci sono ancora. Non mangio da ieri, ma almeno fumo. Mi piace fumare quando l’aria punge un pò, mi piace fumare sempre, a dir la verità.
E, del fumare, mi piace la stretta che dà ai polmoni, sentire
il fumo denso e bianco allagarmi l’anima con la sua voglia di morte. Fumare é morire. Lentamente. Molto lentamente.
E’ assaporare, corteggiare, adorare la morte.

E in fondo, sfidare l’unica vera certezza, l’unica amica che confonda la sua ombra con la mia. L’unica figura la cui lontananza non riuscirò mai a dipingere. L’unica il cui alito dia un senso a tutto il mio grattare pietre, al mio lento consumare, al mio cercare un essenza nella carne che i miei occhi vedono, ma che le mani non riescono a sentire.
La morte é sapere di essere vivo.
Adesso che vedo la notte attraverso gli occhi di Milano, capisco il livore, il grigio prepotente e vivo, pulsante elettricità, che mi sporca le mani ogni volta che incontro il bianco lascivo della tela. La tela... sempre lì, a gambe aperte, che aspetta e regala vita...
Ma non può bastarmi il suo spessore, devo lavorarci, si...
Ridurrò la tela alla trasparenza in cui sembra essere nascosto il
perché di tutto questo.

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